martedì 29 agosto 2006

VERSO HAKKARI

Report di Antonio Olivieri
31. 7. 2006: da Sirnak verso Hakkari

Da Sirnak verso Hakkari, l’antica Merivan, una città fondata da una tribù kurda che qui si stabili’ 800
anni fa.
Una strada tortuosa si snoda in mezzo a montagne, vallate e gole mozzafiato, macchie di vegetazione
che spuntano da costoni di roccia grigia e rossastra, greggi di pecore e capre dal vello lungo e dalle corna
ricurve, gruppi di case basse in pietra.
Attraversiamo la cittadina di Hilal, un’unica caserma, ovunque militari armati, postazioni, autoblindo con
cannoncini puntati verso le montagne.
Lungo questa strada i controlli sono rigidissimi.
Arriviamo al primo posto di blocco.
Una fila di camion e pulmini fermi ai bordi della strada, il grande quadrivio è presidiato dai soldati. “Passport”, ci dicono in tono secco. Vogliono controllare anche i rullini fotografici…
La fermata dura una mezz’ora, poi passiamo, ma incontreremo altri sette “check point” di questo tipo
disseminati lungo tutto il percorso ed ogni volta è la solita trafila.
Ad una fermata lungo il viaggio, siamo ospiti di un gruppo di nomadi con cani e greggi al seguito. Ci
invitano presso la loro capanna improvvisata e ci offrono pane caldo, formaggio, olive e thè.
Alcune donne filano la lana…
Proseguiamo, costeggiando il confine con l’Iraq, appena al di là delle gole e del fiume.
La nostra guida ci dice che queste montagne sono piene di guerriglieri. Di notte scendono a valle per
compiere azioni di controllo del territorio. Effettuano blocchi stradali: fermano auto e camion, controllano i documenti e poi ti dicono di avvisare il “check point” dei militari che i documenti li hanno già controllati
loro!
Spesso attaccano qualche caserma o postazione dei militari. A Cukurca, c’è una caserma che è già
stata attaccata tre volte in un solo mese.
Nei pressi di Hakkari, incontriamo l’ultimo posto di blocco, che ci riserva una sorpresa: è tenuto da uomini in borghese, armati con pistole e mitragliette, squadre speciali o similari.
Ci chiedono i documenti, sanno bene chi siamo, ci fanno battute sui “ fascisti kurdi” che stanno sulle
montagne, poi dopo un’altra sosta di oltre mezz’ora, ci lasciano andare, ma ci resteranno attaccati
per l’intera permanenza in città.
Hakkari, 1.700 metri d’altezza, 80.000 abitanti tra ufficiali e non, la metà sono profughi scacciati dai
villaggi sulle montagne, poca agricoltura, ancor meno commercio, eccezion fatta per i celebri tappeti
kilim che qui hanno una tradizione secolare.
All’ingresso della città, stranamente, nessun controllo.
La città si snoda lungo un viale a spirale che porta fino al centro, un’ospedale, una caserma, alti palaz-
zoni rosa ed azzurri costeggiano la strada e arrivano fino alla piazza centrale.
Siamo arrivati.
Abbiamo percorso una strada lunga 175 chilometri, quella che corre tra Sirnak ed Hakkari, in otto ore
anziché nelle tre ore previste.