giovedì 6 aprile 2006

TURCHIA: LA RIVOLTA KURDA E LE CAUSE




Da una settimana la Turchia è in fiamme per la rivolta kurda scoppiata il 28 marzo a Diyarbakir. La scintilla è stata data dai funerali di quattordici guerriglieri delle Forze popolari kurde di difesa (Hpg), uccisi, secondo fonti kurde, con armi chimiche dall’esercito turco durante una delle ultime operazioni militari nella regione di Mus-Bingol. Alcuni giorni prima di questi attacchi, l’Hpg aveva annunciato una tregua unilaterale per assicurare il pacifico svolgimento della celebrazione del Newroz, il capodanno kurdo, che si è tenuto senza incidenti il 21 marzo.
Ora, invece, il bilancio è drammatico: dal capoluogo kurdo violenti scontri si sono estesi a Batman, Siirt, Mardin, Kiziltepe, Yuksekova, Nusaybin e anche a Istanbul, dove numerosi sono i cittadini kurdi. La polizia e i militari turchi hanno attaccato i civili kurdi usando gas lacrimogeni, armi da fuoco e mezzi blindati. Notizie Agr del 3 aprile portano a 15 il numero dei civili uccisi, a 360 quello dei feriti e a 354 quello degli arrestati.
I nomi noti delle vittime kurde sono: Fatih Tekin (3 anni), Enes Ata (6), Abdullah Duru (9), Mehmet Akbulut (18), Mehmet Isikci (19), Tarik Atakaya (22) e Mustafa Eryilmaz (26) ). A Nusaybin, vicino al confine siriano, una nostra fonte ci ha riferito che il 2 aprile hanno avuto luogo scontri che hanno provocato 50 feriti. La AP riporta che, lo stesso giorno, a Istanbul, un gruppo di uomini ha lanciato bombe contro un autobus nel distretto di Bagcilar; il veicolo in fiamme si è rovesciato sul marciapiede uccidendo alcuni passanti; almeno due di questi erano donne anziane. Secondo la polizia turca gli attentatori sarebbero dimostranti filokurdi. Domenica 2 aprile i “Falchi per la libertà del Kurdistan”, nuova associazione comparsa con gli attentati di Cesme della scorsa estate, hanno affermato di voler colpire il turismo in Turchia.
Condanna delle manifestazioni "non democratiche” è venuta dal Partito democratico della Societa' (Dtp), la maggiore forza politica kurda, che ha, però, ribadito che "in uno Stato di diritto non si possono usare armi contro una protesta disarmata”.

La situazione precedente

Pochi giorni prima dell’inizio degli scontri una delegazione dell’Associazione “Verso il Kurdistan”, una Onlus di Alessandria, si trovava in alcuni dei centri menzionati per sostenere progetti di tipo sanitario e scolastico promossi da municipalità kurde, associazioni per i diritti umani e membri del Dtp. Il quadro loro descritto mostra quanto esplosiva fosse già la situazione.
Il 22 marzo, a Sirnak era stato spiegato che, sulle montagne, la guerriglia era ritornata in forze, con 10.000 guerriglieri. Azioni di guerriglia nella zona c’erano state la settimana precedente (due settimane prima dell’inizio della rivolta), con il risultato di 11 soldati morti e 2 guerriglieri uccisi. Già si prevedeva una recrudescenza delle operazioni militari in tutta l'area nei prossimi mesi, anche se nessuno avrebbe immaginato cosa sarebbe successo soltanto 6 giorni dopo. Un mese prima 24 “Madri per la pace” (di cui molte tra i 60 e i 78 anni) erano state arrestate a Diyarbakir per essersi incatenate in mezzo alla strada protestando pacificamente per la fine del conflitto e dell’isolamento di Ocalan nel carcere di Imrali. Le donne sono poi state liberate il 31 marzo.

Sirnak: un modello esemplare

La città di Sirnak è un modello esemplare di quale sia la situazione del Kurdistan turco: situata nella regione del Botan, conta 50.000 abitanti ufficiali, che arrivano a 80.000 con i profughi di guerra, un alto livello di disoccupazione, strade dissestate, uno sviluppo caotico e improvvisato, poverta' diffusa e profonda, forte militarizzazione (un soldato per abitante). Il Dtp locale aveva mostrato quanto esplosiva fosse la situazione sociale, con 5000 famiglie di profughi in tutta l’area circostante, per un totale di 50.000 sfollati provenienti da 35 villaggi bombardati e distrutti da parte delle forze militari turche. Solo sei sono i villaggi rimasti in piedi. Il Governo sta dislocando in questa zona circa 100.000 militari per far fronte alla crescita della guerriglia, che si sta riorganizzando grazie alle basi logistiche in nord Iraq.
Come tutte le muncipalità amministrate da sindaci filokurdi, Sirnak non gode di alcun appoggio da parte delle autorita': mancano del tutto i finanziamenti statali che vengono invece concessi ai comuni amministrati dal partito di Governo, l’Akp. L'influenza islamista qui come altrove in Turchia, sta crescendo da quando l’Akp è al potere. L'istruzione e' discriminata: ci sono scuole speciali per i figli dei militari e un alto grado di abbandono scolastico da parte degli alunni kurdi.
A Sirnak ci sono circa 1000 prigionieri politici e il Dtp riceve continue minacce da parte delle autorita'.

Detenuti politici

A Diyarbakir, da un incontro del 19 marzo con Tuhad Fed, l’associazione dei familiari dei detenuti politici, era emerso come la grande maggioranza di questi ultimi siano kurdi: in passato erano un numero di 10-12 mila, oggi sono all'incirca 2500, considerando solamente quei detenuti condannati a lunghe pene detentive. Numerose prigioni sono state convertite in nuove carceri di tipo F, di totale isolamento. Il governo si e' recentemente occupato del sistema carcerario con una nuova legge che non migliora assolutamente la situazione. I detenuti non possono spedire ne' ricevere posta, passano mesi per poter avere un colloquio telefonico con le famiglie e sono state limitate le visite. C'e' da dire che purtroppo, a differenza del recente passato, l'impegno dell'Europa sta scemando anche su questo versante.

Discriminazione persistente e deficit democratico

Da altri incontri è emerso che non esiste in Turchia una legge chiara che dica che i kurdi possono parlare la loro lingua nei luoghi pubblici; tutto è molto discrezionale e dipende dai giudici. I corsi di lingua kurda, recentemente ammessi dal Governo, sono privati e molto cari (fino a 100 milioni di lire turche). Rimane irrisolto il problema del cambiamento della Costituzione della Repubblica, frutto del golpe militare del 1980, che contiene ancora articoli, come il 13 e il 14 contro il separatismo, che permettono l’incarcerazione arbitraria di migliaia di oppositori.

A cura dell’Associazione “Verso il Kurdistan” di Alessandria