lunedì 13 marzo 2006

REPORT DELLA DELEGAZIONE ITALIANA (Novembre 2005)

Diyarbakir
27 novembre 2005 – incontro con Mehdi Zana

Incontriamo Mehdi Zana nel suo ufficio di Diyarbakir: un aspetto vigoroso, un taglio ironico, per nulla piegato da anni di carcere ed esilio.
Ci parla del dramma sociale che sta vivendo questa città, del problema della povertà,
dei bambini di strada.
Soltanto a Diyarbakir 6.000 famiglie vendono le loro donne al fiorente mercato della prostituzione, ci sono 28.000 bambini di strada, 700 assumono colle e droghe.
Sono i frutti velenosi della guerra contro i kurdi condotta dalla Turchia e delle svariate
pulizie etniche.
C’è una rete organizzata di mafiosi che rapisce i bambini di strada di Diyarbakir – quel
li tra i 13 e i 17 anni – e li manda poi a rubare nelle case di Istanbul, Ankara, Izmir.

Secondo stime ufficiali del governo, a Diyarbakir ci sono 560.000 abitanti, nei fatti, con
la marea di profughi nelle periferie, si arriva a 2 milioni di residenti.

L’obiettivo della costituenda associazione di Mehdi Zana è quello di intervenire per ten-
tare di arginare una situazione cosi’ degradata: è allo studio un progetto per costruire un ospedale per bambini che vivono in strada e che assumono droghe, av-
viare corsi di lingua, laboratori… L’area è già stata acquistata.

Anche la situazione economica è notevolmente peggiorata: in Kurdistan non esistono piu’ allevamenti, per cui la carne viene importata dagli altri Paesi mediorientali.
E cosi’ pure dal punto di vista dei diritti umani.

“ Quando mi vorranno arrestare, lo faranno – ci dice – basterà un qualsiasi pretesto, non credo alle nuove riforme introdotte dal Governo… In una notte, cambiano molte opi-
nioni in Turchia, tutto dipende dall’esercito…Fin quando non si arriverà ad una soluzione
della questione kurda, nulla sarà risolto.
Nel Nord Iraq, ormai c’è un Paese libero, con scuole kurde, assiriane, turcomanne, ara-
be; è un Paese libero, difeso dagli americani contro la Turchia che ne minaccia la pro-
pria inviolabilità…
Il Governo usa la religione contro i kurdi, l’esercito ha creato gli ‘hezbollah’, nient’altro
che un movimento islamico sostenuto e finanziato anche da Iran e Arabia Saudita, tan-
tochè si paventa un rischio ‘terrorismo di stato’ e islamista in Turchia (alcuni attentati ci
sono già stati!).”

“C’è poi il problema annoso della lingua kurda – ci dice. “Non esiste in Turchia una legge chiara che dica che i kurdi possono parlare in kurdo nei luoghi pubblici; tutto è
molto discrezionale, dipende dai giudici. Tra l’altro, i corsi di lingua kurda, recentemente
ammessi dal Governo sono privati e molto cari (fino a 100 milioni di lire turche!).”

“Rimane irrisolto il problema del cambiamento della Costituzione della Repubblica,
frutto del calpo di stato del 1980, una Costituzione veramente irriformabile; contiene ancora articoli, come il 13 e il 14 contro il separatismo, che permettono l’incarcerazione arbitraria di migliaia di oppositori.
Fin quando questa non sarà modificata, sostituita con un’altra Carta costituzionale, non si potrà parlare di democrazia in Turchia.”


Diyarbakir
28 novembre 2005 – Incontro con Ercan Ayboga, Camera degli Ingegneri

Ercan Ayboga è un ingegnere kurdo, nato e cresciuto in Germania, trasferitosi da circa
un anno a Diyarbakir. Lavora per la municipalità.

Ci parla dello stato del progetto GAP, un gigantesco progetto idrogeologico approvato dal governo turco nel lontano 1982, concretamente avviato nel 1984, con l’obiettivo di concluderlo nel 2010, data poi posticipata al 2020 per carenza di fondi.

Ci spiega la situazione relativa alla diga di Ilisu e all’antico sito di Hasankeyf.
Nel 2002, il consorzio costituitosi per la costruzione della diga di Ilisu è venuto meno, ma
nel 2004, il governo turco ha rilanciato il progetto della diga, bandendo un appalto con gli stessi criteri e contenuti del precedente progetto.
La gara è stata vinta da tre ditte europee: una austriaca, Va Tech, un’altra tedesca, Zublin, ed una terza svizzera, la Alstom, insieme ad altre tre imprese turche.
Secondo quest’ultimo progetto, sarebbero minacciati o verrebbero sommersi dalle acque dell’invaso della diga di Ilisu, 200 villaggi e costretti all’esodo circa 78.000 profughi, di cui già 20.000 non vivono piu’ nei loro villaggi perché evacuati anzitempo.
Questo ovviamente secondo le stime ufficiali, che pero’ non corrispondono a quelle reali
perche’ il progetto avrebbe un impatto ben piu’ devastante.
Come si sa, Hasankeyf verrà sommersa dalle acque della diga insieme al suo sito ar-
cheologico.
La DSI – la Direzione dell’acqua di Stato – ha dichiarato che si salverà il castello che si
trova in cima allo spuntone di roccia e li’ sopra verranno trasferite rovine e reperti ar-
cheologici; non può essere – ribattono gli archeologi turchi – com’è possibile portare fin
sopra, la moschea e il ponte medioevale?
Inoltre, si presenta un ulteriore problema: il terreno che dovrà ospitare la diga non è sicuro, si sfalda, non si riesce a stabilizzarlo… per cui c’è il rischio concreto che la diga
possa crollare!
La costruzione della diga di Ilisu avrà, come conseguenza, la sommersione di importanti siti archeologici, 289 per l’esattezza (14 sono già spariti sotto l’acqua) e
determinerà un vero e proprio disastro ecologico: basti pensare che verrà sommersa un’ampia zona che in linea d’aria ha una lunghezza di 120 chilometri, è pari a 337
chilometri quadrati, di cui 200 costituiti da terre fertili.
Flora e fauna scompariranno.
Lo scopo della diga di Ilisu è quello di produrre energia.
La Camera degli Ingegneri elettrici ha dichiarato che quest’opera è uno spreco di denaro, non serve a nulla: oggi, in Turchia, c’è una dispersione sulle linee elettriche pa-
ri al 25% dell’elettricità, mentre la media nel mondo è dell’8%.
Con una buona politica di ammodernamento delle linee elettriche, impiegando a tal fine
le risorse finanziarie destinate alla costruzione delle grandi dighe, ci potrà essere un re-
cupero di ben tre volte tanto dell’energia derivante dalle dighe: basti pensare che le 8 di-
ghe sul fiume Munzur daranno 360 megawatt di energia elettrica, Ilisu ne darà 1200!
Questi dati sommari dimostrano che, in realtà, lo Stato turco non ha la reale necessità di costruire le dighe, ma che le vuole per motivi solo politici.
Anche per l’agricoltura, ci possono essere alternative.
L’obiettivo del Governo è quello di irrigare, attraverso le dighe del sistema Gap, 1.700.000 ettari di terreni. Ma finora ha dato l’acqua solamente al 13% di quei terreni!
In piu’, si producono fenomeni preoccupanti: lo scarso drenaggio ha fatto alzare la crosta terrestre e aumentare la salinità dei terreni (è un fenomeno che oramai riguarda il 55% delle superfici irrigue), determinando, nel contempo, un abbassamento della fertilità
(pari al 5%).
Le ricadute del progetto Gap sono state pesanti per le popolazioni kurde:
- dopo la costruzione della diga di Birecick (Zeugma) sono state costrette a migrare 30.000 persone;
- all’indomani della costruzione della diga Ataturk, sull’Eufrate, tra Urfa e Adyaman, sono andate via 60.000 persone;
- tre dighe sono in costruzione sul fiume Zap, vicino ad Hakkari;
- anche a Cizre, vogliono costruire una diga della lunghezza di 40 chilometri;
durante i lavori di costruzione della diga, per 4 anni, dal Tigri, non arriverà piu’
acqua in Iraq.
E altre dighe si stanno costruendo,anche a Nord, nella Turchia occidentale, con la can-
cellazione di siti ed aree archeologiche di notevole importanza.

Le spese complessive del progetto Gap si aggirano intorno ai 32 miliardi di dollari; finora sono stati spesi 17 miliardi, poco piu’ della metà.

Eccetto Ilisu, il governo turco ha portato a termine tutte le dighe destinate alla produzio-
ne di energia elettrica: su 22 ufficiali, 19 sono state completate.
Ma la cifra ufficiosa di dighe in progetto sui corsi dei fiumi Tigri ed Eufrate è molto piu’ alta, si parla di ben 200 progetti di dighe da costruire, senza contare progetti mino-
ri, come le 8 dighe sul fiume Munzur.
I kurdi non avranno alcun vantaggio dalla costruzione di queste dighe, solo estempo-
ranei benefici, per pochi mesi.
Si calcola che le dighe previste dal progetto Gap avranno una vita media di 50 anni.

Dalla metà degli anni novanta, si sono intensificati i rapporti economici, commerciali e
militari tra Turchia ed Israele; oggi, gli aerei con la stella di David possono sorvolare
lo spazio aereo turco senza alcun problema.
Si sa che la Turchia vende ad Israele l’acqua del fiume Manago, vicino ad Antalya.
Si sa anche che gli israeliani stanno comprando grandi appezzamenti di terreni ad
Urfa. In precedenza, il governo aveva promulgato una legge che vietava la cessione
di terre, però poi la legge è stata modificata.

Abbiamo un obiettivo – ci dice Ayboga – ed è quello di unificare tutti i movimenti che in Europa lottano contro le grandi dighe.
Ma sono intervenute novità anche sul piano istituzionale: il 2 settembre 2005, la Corte
d’Assise turca ha deciso di bloccare la costruzione di due dighe sul fiume Munzur, con la
motivazione che avrebbero distrutto il Parco Naturale, anche se la DSI ha fatto oppo-
sizione a tale decisione.
Anche per Yusufeli, la decisione di costruire la diga è stata fermata dalla Corte suprema
turca.

La Camera degli Ingegneri ha rapporti con associazioni europee in lotta contro le deva-
stazioni provocate dalle dighe. In particolare con:
Weed – associazione tedesca;
ECA.WATCH – associazione austriaca;
FERN – associazione belga;
Berne Declaration – associazione svizzera;
Corner House, KNRP (Kurdish Human Right Projet) – associazione inglese.




Istanbul
29.11.2005 – Baraccopoli kurda di Ayazma: incontro con gli attivisti
del Goc Der

Nel campo oggi funzionano due corsi scolastici, ai quali sono iscritti 32 bambini, uno
di alfabetizzazione e un altro di animazione.
Sono stati anche predisposti corsi sanitari per bambini e donne.

Gli abitanti di questo quartiere hanno costituito un comitato per la difesa del campo,
in quanto il governo ha promulgato una legge contro le baraccopoli: vogliono abbellire
Istanbul e, per questo, devono ripulirla dei campi profughi disseminati nelle periferie!
Secondo le intenzioni del governo, circa 100.000 case o simili devono essere abbat-
tute nella sola Istanbul, il che significa coinvolgere qualcosa come un milione
di residenti, destinati a sparire, ancora una volta profughi.

Nel piano del governo, le alternative sono date dalla possibilità di acquistare
piccoli appartamenti, molto costosi (fino a 57 miliardi di lire turche contro un effettivo
valore che si aggira intorno ai 37 miliardi), in enormi grattacieli di acciaio e cemento…

Le ruspe mandate a spianare i campi hanno già iniziato il loro “lavoro” l’estate scorsa. E’ stata distrutta la baraccopoli di Alibeykog – Guzeltepe: all’alba, si sono presentati all’ingresso del campo cinquemila poliziotti, armati di bombe lacrimogene e di quant’al-
tro, hanno fatto lo sgombero e poi hanno spianato con le ruspe 43 case!
Nei pressi di Ayazma, c’è un quartiere di baracche chiamato “la bella collina”. Per l’ab-
battimento, il governo ha promesso agli abitanti un indennizzo di 18 miliardi di lire
turche, ai quali ha poi sottratto 6 miliardi per il rimborso delle spese vive dovute ai la-
vori di smantellamento del campo!




Istanbul
29.11.2005 – Goc Der, incontro con Sefika Gorbuz, presidente dell’as-
sociazione profughi

Sefika ci spiega che il governo turco ha previsto la distruzione di 80.000 case delle
baraccopoli di Ankara, Izmir e Istanbul entro la fine del 2008; in questo conteggio
è compresa anche la baraccopoli kurda di Ayazma.
Al posto delle baraccopoli, il governo ha in progetto la costruzione di quartieri residen-
ziali.

Per quanto riguarda il rientro dei profughi nei villaggi d’origine, il governo parla di
un 50% già rientrati. Ma ciò non corrisponde al vero, tantochè i rapporti dei prefetti
contraddicono tali dichiarazioni.
Per esempio, da Ayazma, soltanto qualche famiglia, saltuariamente, fa ritorno al proprio
villaggio d’origine, nel periodo estivo…

La municipalità di Istanbul ha inviato lettere di diffida invitando gli abitanti di Ayazma a lasciare le proprie case; inoltre, vengono individualmente contattate le persone per con-
vincerle ad andarsene: tutto questo per impedir loro di organizzarsi e di opporsi allo
smantellamento del campo…
Goc Der ha riunito tutti gli abitanti di Ayazma, chiedendo loro di non lasciare il campo,
di non andar via, altrimenti vien meno l’unità e la forza che tutti insieme possono espri-
mere.
Vengono però avanti le soluzioni individuali; alcune famiglie hanno già comprato appartamenti altrove e queste sono già pronte a trasferirsi.
Goc Der, insieme alla sinistra turca, ha fondato un Comitato che si oppone allo sgom-
bero del campo.



Istanbul
29.11.2005 – Incontro con l’associazione dei diritti e delle libertà fondamentali (sinistra turca)

Si tratta di un’associazione della sinistra turca legata alla Tayad che si occupa degli
abitanti delle baraccopoli, dei profughi e dei diritti umani.

Ci dicono che nella sola città di Istanbul, il governo vuole far abbattere 85.400
case. L’associazione ha rifatto i conti; in realtà, le case a rischio si aggirano intorno alle 150.000, perché le stesse, che in origine avevano solo un alloggio al piano terra,
sono poi cresciute con secondi e terzi piani…

Ci raccontano degli sgomberi avvenuti:

Guzeltepe, un quartiere kurdo. Dopo l’abbattimento delle baracche, hanno stazionato
nei pressi del campo cinque famiglie, che hanno resistito in tende per due mesi e mezzo, dopodichè le autorità municipali, con l’approssimarsi dell’inverno, hanno messo
loro a disposizione alcuni alloggetti, senza oneri di affitto;

Kurtkoy – la polizia ha sgombrato il campo alle 4.30 del mattino, con una vera e pro-
pria operazione militare, lanciando sugli abitanti bombe incendiarie. Ci sono stati nu-
merosi feriti e un uomo anziano è morto per infarto. Gli abitanti del campo hanno tro-
vato poi riparo da parenti ed amici.
Il risarcimento che hanno in seguito ricevuto è pari ad un decimo del valore della loro
casa!

Ora, nelle intenzioni del governo, ci sono altri due quartieri da abbattere, e sono: Sultan-
beyli, con 35.000 abitanti e Okmeydan con 14.000, oltre ovviamente alla baraccopoli
di Ayazma, con circa 80.000 residenti.
A tutti quanti hanno promesso alloggi alternativi che però non si sono mai visti.
Il governo ha dichiarato che gli sgomberi resteranno fermi fino al 2006; probabilmente
aspetteranno giugno, alla chiusura delle scuole…
Altri quartieri soggetti a sgombero sono:

Aidos, in questo quartiere la baraccopoli è stata distrutta per ospitare delle villette di alcuni immobiliaristi;

Altinsehir, si tratta di un quartiere vicino al campo profughi di Ayazma, proprio ai pie-
di dello stadio olimpico. Tutti i residenti hanno ricevuto l’ordine di evacuazione;

Beykoz: sono 400 – 450 case. Anche loro hanno ricevuto la comunicazione di evacuare
il campo che sarà distrutto…

Pure nella capitale Ankara, sono state abbattute 1.800 case di profughi e, ancora oggi, il governo intende radere al suolo tutte le baraccopoli tra l’aeroporto e la città
vera e propria.

Il governo turco ha deciso tutto questo senza considerare in alcun modo le soluzioni alternative e i risarcimenti per le famiglie sfrattate; qualche volta si è pero’ riusciti ad
organizzare una forte resistenza degli abitanti dei campi.