lunedì 16 novembre 2015

Report Assemblea nazionale Rete Kurdistan Italia a Modena 17-18 Ottobre 2015


Si è svolta il 17-18 ottobre 2015 a Modena l'Assemblea nazionale della Rete italiana di solidarietà con il popolo curdo presso la Camera del Lavoro territoriale.Hanno partecipato a questa due giorni decine di compagni provenienti da tutta Italia,espressione di molte realtà territoriali della rete di solidarietà,ma anche singoli attivisti.

L'Assemblea è stata aperta da una relazione politica di Amed Uzun del Consiglio esecutivo del Congresso Nazionale del Kurdistan-KNK e da una serie di interventi dei partecipanti.Alla fine sono stati definiti tre gruppi di lavoro:

1-Riorganizzazione Rete Kurdistan e segreteria operativa; 

2- Donne; 

3- Formazione/informazione; 

4- Ricostruire Kobane

Alla fine dei lavori i gruppi di lavoro hanno presentato in assemblea plenaria il risultato dei lavori,ed è stato votato all'unanimità l'odg "La Turchia non è un paese sicuro".


Intervento di Adem Uzun, del Consiglio esecutivo del Cogresso Nazionale del Kurdistan all’Assemblea di Rete Kurdistan Italia-Modena

Suddividerò il mio intervento in due parti: una più generale e una più pratica.Anche se la guerra colpisce in particolare la nostra regione, essa influenza il nostro morale ovunque nel mondo. La guerra è una cosa molto negativa, perché porta dolore; la guerra porta violenze, traumi, torture.

Questa è una guerra che ci è piombata addosso dall’esterno, e noi siamo costretti a prendervi parte solo per difenderci. Non l’abbiamo iniziata noi. Con questa guerra vorrebbero farci arrendere, sconfiggerci, ma noi non lo accettiamo e ci opponiamo.

Questa guerra ha un motore: il nazionalismo. Il clima creato dal nazionalismo vuole rendere tutti uguali, omogenei; questa è la ragione della guerra. E’ una situazione creata dai regimi, ma quando uno di questi regimi non ha più appoggio dall’esterno, allora cerca una soluzione diversa, anche se ancora una volta questa soluzione non include mai il popolo.

Nella storia del mondo c’è sempre da una parte una guerra per conquistare l’egemonia, e dall’altra una lotta di resistenza a questa egemonia; è quello che sta succedendo a noi, e noi lottiamo contro l’egemonia. Vogliono farci scomparire all’interno di questo sistema egemonico e vogliono cancellare dalla storia la resistenza del popolo, vogliono farla scomparire. Noi rispondiamo che per perseguire questa tentativo di egemonia non possono cancellare la nostra geografia, la nostra demografia, non possono oscurarci. Noi lotteremo contro questo tentativo.

Ora, in questa resistenza ci sono tre attori principali:

1)le forze imperialiste, che prendono parte a questa guerra e cercano di disegnarne il profilo;
2)le forze coloniali, che usano qualsiasi strumento violento e sporco per non perdere il loro potere;
3)i popoli, che insieme resistono contro queste due forze.

Nell’agire delle prime due forze sono presenti contraddizioni; la nostra resistenza ha un carattere strategico e ideologico, ma consiste anche a volte nell’attivare soluzioni di tipo esclusivamente tattico per incunearsi fra queste contraddizioni.

Per molto tempo nella regione il nazionalismo ha avuto l’egemonia; adesso l’islam liberale vorrebbe prendere il sopravvento. Per far questo, le forze imperialiste usano i conflitti settari (sunniti, sciiti, ecc.), mettendo le popolazioni aderenti a confessioni religiose diverse le une contro le altre, in modo da indebolire i popoli e poi intervenire per far finta di salvarli.

Il secondo gruppo, le forze coloniali, cerca di guidare queste fazioni per prendere il potere. Nonostante si tratti di fondamentalisti ed estremisti, le forze che stanno dietro a tutto questo progetto aiutano dal punto di vista militare e politico certi gruppi come Al-Qaida, Al Nusra e Daesh (IS), per trarne vantaggio e prendere il potere. Questi gruppi non sono omogenei, ma tutti sono riforniti, guidati e fatti combattere come strumenti, sia dalle forze imperialiste sia dalle forze coloniali.

Noi pensiamo che anche se questi gruppi scomparissero, ne nascerebbero altri simili. Bisogna guardare la nostra resistenza e la nostra lotta da un punto di vista generale, per potersi correttamente collocare e combattere all’interno di questo quadro.

Gli strumenti usati contro di noi cercano di cambiare la demografia nella nostra zona, portare nuovo feudalesimo e arretratezza alle nostre popolazioni, eliminando una possibile cultura ecologica e ignorando la volontà dei popoli di convivere insieme in pace. Dobbiamo perciò considerare nella lotta questi tre aspetti tutti insieme: dobbiamo combattere contro il nazionalismo, contro il nuovo feudalesimo, contro lo stravolgimento della geografia e della demografia.

Noi dobbiamo impostare una lotta consapevole contro tutto questo. In passato, la guerra e le basi del potere sono state esercitate attraverso la forma degli stati-nazione; attualmente le cose stanno cambiando, ma ancora una volta si cerca di creare un nuovo caos per portare a una nuova guerra. La tattica è diversa ma il fine è lo stesso.

Questa è una vera e propria rivoluzione, non è una semplice resistenza di autodifesa o la riforma di un sistema. Bisogna vederla come una lotta globale, se possibile, non limitata alla nostra regione. Se proveremo a fare questa rivoluzione da soli, sarà impossibile vincere. In questo processo sono presenti elementi globali, e quindi serve una lotta globale; noi possiamo imparare qualcosa da voi e viceversa.

Siamo qui in questo momento per portare avanti questa lotta globale in modo da creare una fronte comune tra tutti i popoli. Adesso questa nostra lotta per la democrazia globale ha raggiunto una nuova fase. In passato abbiamo adottato un approccio “privativo” al processo globale di democrazia: denunciavamo la nostra realtà di popolo oppresso, le violazioni dei diritti umani, cercavamo di farci conoscere per questo. Ovviamente ancora oggi si verificano violazioni di diritti umani, colonialismo, torture, ecc.; però ora noi ci proponiamo come creatori di una nuova visione, come portatori di un progetto nuovo.

Prima eravamo solo un popolo oppresso, e lo siamo ancora. Però non siamo più solo un “fattore”: siamo anche attori, e la nostra visione è propositiva. In questo momento storico siamo diventati una chiave per la risoluzione di alcuni processi, e se non la vediamo così non potremo mai vincere.

Noi adesso non siamo soltanto attori nella lotta e nella resistenza, siamo anche fondamentali per il cambiamento. Questa è una fortuna, un’opportunità, e se non ce ne rendiamo conto è una cosa molto negativa.

Noi non abbiamo fatto questo da soli; siamo consapevoli che è una lotta comune portata avanti anche con voi; quello che serve è organizzarci meglio e, attraverso un’organizzazione collettiva, andare avanti in modo migliore ed efficace.

Abbiamo deciso che non faremo diventare i nostri popoli vittime di una guerra per il petrolio, per l’acqua, per l’arretratezza, per il feudalismo ecc. Per ognuna di queste cose dobbiamo proporre e sperimentare una soluzione alternativa. Abbiamo già proposte e progetti, per esempio gli scritti di difesa del presidente Öcalan e più in generale i suoi libri. Vogliamo mettere insieme questi progetti e proposte con la pratica, dobbiamo applicarli. Anche prima lo facevamo, ma la nostra mancanza è stata quella di non essere stati in grado di spiegarlo all’esterno.

Il Rojava e Kobane hanno reso tutto questo possibile e sotto gli occhi di tutti. Senza aspettare che gli altri attori in gioco ci concedano una parte nella guerra, noi mettiamo in pratica il nostro sistema e lo portiamo avanti. Questi nostri progetti sono scomodi, non sono accettati, e sia le forze imperialiste sia quelle coloniali vogliono distruggerle; soprattutto quelle coloniali fanno di tutto per distruggerli.La lotta che abbiamo portato avanti in Rojava contro l’Isis, non è in realtà una lotta contro l’Isis, bensì contro lo stato turco.

Lo stato turco, non essendo riuscito a sconfiggerci all’interno dei suoi confini, ha iniziato un falso processo di pace per far credere che ci fosse una soluzione, e allo stesso tempo ha usato Isis per sconfiggerci fuori dai suoi confini. Per questo motivo Al-Nusra o altri gruppi, per quanto arretrati o violenti, sono stati formati, armati, sostenuti e mandati contro di noi dalla Turchia. In questo ha avuto il sostegno dell’Arabia Saudita, del Qatar e delle forze imperialiste del primo gruppo. Ma non sono riusciti a vincere, a raggiungere il loro obiettivo; ci proveranno ancora, ma l’unità tra teoria e pratica in Siria impedirà loro di farcela. Gli attacchi non diminuiranno: domani e ancora per anni ci saranno nuovi attacchi. Per rompere questo gioco, dopo averlo fatto in Siria, abbiamo dichiarato l’autonomia nel Bakur [Nord Kurdistan], dentro la Turchia.

Quello che noi abbiamo fatto non è un passo tattico, è un passo strategico, perchè siamo convinti che i popoli possano mettere in pratica l’Autonomia Democratica. Questo è un processo difficile, ma noi vogliamo farlo crescere e accelerarlo. Se guardiamo questa situazione solo dalla prospettiva dei curdi, perderemo.

Se in Siria difendiamo il Rojava ma non democratizziamo tutta la Siria, allora perderemo. Se lottiamo per liberare e creare l’Autonomia nel Nord Kurdistan, ma non democratizziamo tutta la Turchia, allora perderemo. Stiamo portando avanti due lotte parallele: l’Autonomia in Nord Kurdistan, ma anche il rafforzamento dell’HDP nella lotta politica nazionale.

L’HDP è un progetto attraverso cui tutti i popoli possono lavorare insieme per democratizzare la Turchia. É la stessa cosa che vogliamo fare in Siria, ma lì in primo luogo dobbiamo portare avanti una lotta fisica, militare. In Siria quello che possiamo fare è sostenere tutti i popoli che vogliono autodifendersi. Per questo abbiamo creato le forze di autodifesa democratica in Siria; non servono solo a liberare il Rojava, ma tutta la Siria.

C’è poi il Kurdistan del Sud, che è più libero dal punto di vista del riconoscimento giuridico internazionale, è più indipendente. Con alcuni partiti ci sono differenze idologiche; il sistema economico che loro portano avanti e il nostro non si accordano, lo stesso vale per il sistema di formazione ed educazione. Il loro punto di vista sull’Islam e il suo modo di interagire nella società e nei confronti delle donne non si accorda col nostro. Abbiamo però delle relazioni con loro, perché quando le potenze attaccano, attaccano tutti i curdi. Noi portiamo avanti un processo per capire come possiamo portare avanti una lotta nazionale insieme. Questa è una lotta per creare un’unità nazionale tattica, ma noi come base abbiamo la Nazione Democratica, cioè la creazione di una politica e una società democratica.

In questo momento, a causa degli attacchi, pratichiamo l’autodifesa; purtroppo gli altri curdi che sono presenti là non hanno agito come noi. Non hanno messo in pratica un’autodifesa come noi, perché i loro governanti hanno guardato solo ai loro tornaconti economici per proteggere i loro interessi, e non hanno avuto come riferimento un sistema generale come noi. Perciò gli ezidi, i cristiani, gli assiri, gli armeni sono stati massacrati e hanno subito un genocidio. Al contrario, noi ci siamo sentiti responsabili per i nostri popoli, li abbiamo difesi e continuiamo a difenderli, e nessuno potrà cacciarci da questa regione. Così come ho detto che in Kurdistan siriano e in Bakur non potrà esserci Autonomia Democratica se non c’è in tutta la Siria e in Turchia, lo stesso vale per i diritti di questi popoli della regione del Sud; noi siamo pronti a prendere parte a questa lotta. Perché la democratizzazione non è solo quella della maggioranza: dobbiamo lottare affinché l’identità, la voce e il colore di tutti i gruppi etnici e sociali possano coesistere insieme.

Dall’altra parte c’è l’Iran, una potenza regionale, che interviene in tutte le situazioni e che sta cercando di creare un proprio spazio di influenza. L’Iran non accetta i popoli altri che vivono nella regione, e noi questo non possiamo tollerarlo. La prima lotta da fare è organizzarsi in questi territori. L’Iran insieme alla Turchia si muove affinché la lotta nel Rojava non abbia successo; da fuori sembra che l’Iran non sia dalla sua parte, ma in realtà è complice della Turchia, perché vi è una convergenza di interessi. Se Assad ha intenzione di fare un passo in favore dei curdi, l’Iran interviene per bloccarlo. Né l’Iran, né Assad, né la Turchia hanno un atteggiamento diverso riguardo al fatto che i curdi possano avere uno status e un progetto realizzabile.

Le forze imperialiste ci vogliono utilizzare come pedine in questo gioco, e cercano di portarci dalla loro parte. Cercano di rafforzare le relazioni, e delle relazioni ci sono anche. Ma noi non dobbiamo mostrarci solo come una forza che fa la guerra; dobbiamo organizzarci in quella zona e in tutte le regioni con i popoli, contro tutto questo. E’ molto importante. Per questo in Rojava adesso c’è un’amministrazione che noi abbiamo creato e nella quale cerchiamo di coinvolgere tutti i popoli che vivono nella regione.

Se noi non creiamo un’alternativa politica, economica, sociale e di difesa, allora ci utilizzeranno solo come una forza militare. Abbiamo difficoltà, mancanze, lacune, abbiamo bisogno di aiuto, abbiamo bisogno di condividere questa lotta, facciamo cose imperfette? Si. Però dal punto di vista dell’ideologia e della prospettiva siamo a buon punto. Dobbiamo cercare di portarla a compimento; non vogliamo farlo da soli ma insieme a voi. Cercano di attaccarci di fronte all’opinione pubblica, per fare in modo che voi e noi non lottiamo uniti; perciò è molto importante lavorare sull’opinione pubblica. Se saremo in grado di spiegarvi l’ideologia che cerchiamo di creare, e se ci capirete, allora ci sarà ancora più sostegno.

La nostra prospettiva in Rojava è una prospettiva di sinistra; ci scontriamo con il liberalismo. Se noi riusciamo a organizzarci per creare questa prospettiva di sinistra, allora su questa base crescerà anche il Rojava. Il fatto che nel Rojava possano crescere valori di sinistra è una cosa che anche voi potete sostenere insistendo sull’opinione pubblica.

E’ necessario lavorare sul piano ideologico rispetto alla democrazia globale. Occorre organizzare seminari, conferenze, iniziative divulgative, distribuire libri, creare siti internet ecc., altrimenti avremo difficoltà. E’ molto importante far conoscere l’Autonomia democratica all’opinione pubblica, e portare avanti un progetto di democrazia globale.

Poi ci sono anche compiti pratici, tra cui ad esempio la ricostruzione di Kobane, oppure l’invio di delegazioni di osservatori per le elezioni e l’organizzazione di manifestazioni.

Per esempio, sulla ricostruzione di Kobane, quando abbiamo iniziato ci siamo basati sul fatto di essere non solo una forza di difesa, ma anche progettuale e di ricostruzione. Sapevamo di non poter creare tutto questo all’improvviso; sapevano che non era appropriato né giusto ricreare una città dal nulla durante una guerra. Il messaggio che volevamo dare serviva a rispondere alle necessità urgenti della popolazione in modo da non costringerla a fuggire, e convincerla a rimanere facendo capire che si può rispondere all’emergenza.

Ogni volta che abbiamo aumentato l’impegno nella ricostruzione, allora ci sono stati attacchi molto violenti. Dieci giorni prima di una grande conferenza in Europa per la ricostruzione di Kobane, ci sono stati attacchi che hanno provocato centinaia di morti. Lo stesso è successo in Turchia con l’attentato al Centro Amara. Non vogliono che dimostriamo di saper lottare e insieme garantire la sicurezza. Adesso nel distretto di Kobane non ci sono più problemi di sicurezza.

La Turchia non lascia entrare niente a Kobane; quando passa qualcosa è solo grazie alla vostra pressione. Cerca di sconfiggerci portandoci alla fame, non vuole accettare che ci possiamo sostenereda soli. Per questo ostacola l’arrivo di materiali per la ricostruzone, persone e aiuti. Noi combatteremo ancora di più contro questa situazione. Per questo dobbiamo liberare altre zone; se non ci riusciamo allora saremo ostaggi di questa loro strategia. Per questo dobbiamo essere pronti al fatto che questa lotta andrà avanti ancora per molto tempo. Non finirà domani o tra poco.

Adesso c’è la Russia, l’America, la Turchia, l’Iran, il Qatar; io penso che le contraddizioni tra questi ultimi si approfondiranno. Noi intratteniamorelazioni tattiche con alcuni di loro, ma non ci fidiamo di nessuno, neanche della Russia. Abbiamo subito molti attacchi.dalla Siria, dall’Iran e dalla Turchia, e da questi stati avremo ancora problemi. Per questo noi dobbiamo fidarci sempre e soltanto dei popoli.

Quando creiamo relazioni con i popoli, noi lo facciamo in questa prospettiva: se accetti me, io accetto te. Se accetti i miei colori, le mie idee, allora possiamo portare avanti queste relazioni. La resistenza e la lotta andranno avanti sulla base di questo patto.

Dopo il 1 novembre alcune cose si chiariranno, ma la situazione in Turchia non cambierà radicalmente. L’HDP avrà circa il 12-13 percento, ma l’AKP farà di tutto per lasciarlo al di sotto della soglia di sbarramento del 10%; per questo le elezioni sono molto importanti. Se l’AKP si troverà di nuovo in questa situazione, con l’HDP in parlamento, allora la guerra diventerà più intensa. Potrebbero inoltre creare una coalizione con il MHP, e allora ci sarà un governo della guerra, perché in Turchia c’è una mentalità che esiste da novant’anni: non accettare mai l’esistenza di nessun altro soggetto, e se necessario fargli la fine degli armeni.

La Turchia ha paura perché crede in una teoria politica secondo cui, nella storia, quando un grande stato ha affrontato problemi etnici e democratici, ne è uscito ridimensionato; ha paura che se considera la questione curda, finirà per ridursi solo all’Anatolia.

L’AKP ha il progetto di creare attraverso l’Islam un nuovo impero otttomano; l’altro progetto che circola è di non toccare la turchia, di lasciarla così com’è, con la stessa politica che perdura da novant’anni: questa mentalità è condivisa dal MHP e dal CHP. La terza teoria è la nostra: l’Autonomia Democratica per tutti i popoli. Siccome la prima è stata sconfitta nella società e nelle urne, allora si ripiega su una convergenza tra la seconda e la prima contro la terza. Mentalità democratica contro la vecchia Turchia e la sua mentalità fascista; questo è quello che succederà dopo le elezioni.

Dobbiamo rafforzare la nostra mentalità per vincere questa partita; per questo dobbiamo lottare insieme agli ezidi, ai cristiani, agli aleviti, ai lavoratori, alle donne, ai movimenti democratici, perché questi sono i soggetti oppressi. Se continueremo nella maniera giusta, questo fronte si rafforzerà e crescerà. Noi non porteremo avanti la politica di prima, cioè dateci i diritti, riconosceteci, e così via. Noi porteremo avanti la nostra politica. Noi vogliamo gestire la Turchia insieme ai suoi popoli, non soltanto resistere. Noi lavoreremo per diventare un’alternativa e affinché il pensiero vecchio e totalitario non riprenda il potere. Ma questo si può fare solo con i popoli…

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C’è l’embargo tra Turchia e Rojava, ma anche tra KRG e Rojava, e anche quello è da abbattere. Nell’autorità del sud del Kurdistan c’è un approccio negativo al Rojava; il problema viene dal fatto che il KDP vorrebbe installare in Rojava anche i peshmerga come forza militare indipendente dalle YPG. Questo lo vuole anche la Turchia, perchè non vogliono che la nostra ideologia si diffonda nel Rojava.

La Turchia sa che le relazioni economiche con il KDP sono molto forti, e grazie a questo potrebbe influenzare il Rojava. Anche l’America vuole questo, perchè ha relazioni molto forti con il KDP e con i peshmerga. Noi diciamo che dal punto di vista politico tutti possono far parte dell’amministrazione, ma non possono esserci due forze militari. Se vogliono aiutare militarmente possono farlo, e infatti sono già arrivati a Kobane durante l’assedio con un contingente. Noi possiamo fare altrettanto, come è successo a Kirkuk, ma nel Kurdistan iracheno ci sono due forze militari dal 1992 e questo genera confusione e caos. Se questa impostazione è già fallita là, perché dovremmo metterla in pratica in Rojava? Se i peshmerga vogliono venire in Rojava, possono entrare nelle YPG.

E’ un attacco per ridurci alla fame, è una cosa sbagliata, ingiusta, ma noi la supereremo. Adesso, parlando della Turchia, noi non vogliamo che sia così centralizzata; vogliamo decentralizzare questo stato. Facciamo propaganda in questa direzione cercando di formare una coalizione, un gruppo che la pensa in questo modo, e che sta crescendo sempre di più. Non vogliamo gestire la Turchia nel senso di diventare parte di un governo centrale: noi vogliamo che lo stato serva solo a coordinare, ma che ognuno nella sua zona, regione o città, attraverso consigli e assemblee, prenda le proprie decisioni, e che lo stato centrale sia solo un coordinamento di tutto questo. Non vogliamo sostituirci all’AKP andando al governo così com’è ora. In una Turchia decentralizzata il governo sarebbe solo funzionale.

L’imperialismo che agisce da noi non è diverso da altrove; il progetto è lo stesso, ma ci sono sfumature diverse nel modo che hanno di prendere il potere. Dal punto di vista economico hanno idee diverse, ma comunque vogliono continuare a far esistere stati coloniali; il modo di rapportarsi ai popoli è sempre lo stesso.

L’imperialismo cerca di dare una forma diversa ai regimi di quella regione, ma la sostanza è la stessa. Tra Putin e Erdogan ci sono molto differenze; Erdogan vuole creare un impero ottomano egemone, e anche Putin vuol essere egemone nella sua zona. Per ottenere l’egemonia usano nella pratica tattiche comuni; le contraddizioni che ci sono tra l’Occidente e la Russia non sono profonde, sono solo contraddizioni per la conquista dell’egemonia. E’ una lotta per chi sarà più egemone e prenderà il potere. Anche il conflitto tra Russia e Turchia è impregnato di questo. Perciò penso che la Russia nel futuro prossimo sarà sempre più attiva, e che farà molti sforzi per estendere il suo potere in Medio Oriente e in tutta l’Asia, oltre la sua zona d’influenza. Non penso che per quanto riguarda l’Europa, gli stati europei abbiano giocato un ruolo molto attivo in questo processo; esistono come sistema ideologico, ma nella pratica non sono molto attivi; vedono tutto dal punto di vista della sicurezza. Un’altra cosa che hanno a cuore è il problema del’immigrazione. Perciò avranno delle relazioni sempre più strette per evitare che i profughi arrivino in Europa.

Erdogan ha incontrato tutti i capi di stato europei e da loro non c’è stata una parola sui diritti umani; sono stati ipocriti, e anche quando viene Putin fanno la stessa cosa. Per quello di cui hanno bisogno, ci venderanno. L’Inghilterra ha detto: ricominciano a sostenere la Turchia, nonostante i suoi rapporti con ISIS. 25.000 miliziani provenienti solo dalla Turchia, che lo fa apertamente. L’Europa non lo sa? Sì. Fa qualcosa? No. Dobbiamo lavorare di più per denunciare questo.


ODG-La Turchia non è un paese sicuro

Nel quadro della fase di destabilizzazione dell’intera regione mediorientale,grande importanza acquistano le decisioni  che si stanno prendendo nelle sedi europee e che riguardano i profughi.Commissione europea e Consiglio d’Europa intendono di fatto negare o comunque limitare la libertà di circolazione delle persone realizzando centri di detenzione al di fuori dei confini dell’Ue chiamati Hot Spot.Si tratta di un percorso di esternalizzazione delle frontiere che prevede l’ampliamento della lista dei paesi ritenuti “sicuri”in cui,secondo i governi europei,i diritti dei profughi sarebbero garantiti.

L’11 e 12 novembre prossimi a La Valletta (Malta) si svolgerà un incontro al vertice fra governanti dei paesi europei e dei “paesi terzi”.In tali date potrebbero essere inserite in questa lista anche paesi totalmente privi di tali requisiti,fra questi la Turchia.

Come Rete Kurdistan Italia condanniamo totalmente tale proposta e ci opporremo in ogni modo per impedire che l’Unione Europea  finanzi e promuova la realizzazione dei centri di detenzione,in particolare in Turchia,e negli altri paesi cui non esiste alcuna garanzia del rispetto della salvaguardia della vita delle persone in fuga.

Si tratta di regimi che già opprimono i propri cittadini e non possono essere anche economicamente e politicamente sostenuti per opprimerne altri. 


L'Assemblea nazionale Rete Kurdistan italia -17 e 18 ottobre 2015 Modena


Report gruppo riorganizzazione Rete Kurdistan

La Rete è l'insieme intrecciato e organizzato delle realtà solidali con la Resistenza kurda, di cui condivide il modello di società alternativo a quello del capitalismo moderno e la lotta in nome dell'intera umanità.

La sua organizzazione si ispira al Confederalismo democratico, alla democrazia diretta, all'autonomia dei territori, alla “disciplina” di movimento ispirata dalla condivisione di valori e iniziative comuni.

La Rete è composta da singoli individui, gruppi, enti, associazioni, organizzazioni sindacali e politiche che si relazionano mediante la comune ricerca (teorica e pratica) di realizzare comunità inclusive, democratiche, autogestite secondo i principi della sussidiarietà e solidarietà.

Le comunità, i territori, le organizzazioni che ne fanno parte esprimeranno attraverso le loro libere rappresentanze il Coordinamento generale che potrà dotarsi dei più disparati gruppi di lavoro.Si sostiene la promozione di ulteriori reti territoriali o zonali e il collegamento con una più vasta Rete Europea di cui farsi promotori e sostenitori.

Si sostiene la messa in comune delle risorse, la produzione collettiva e la messa in comune dei saperi e dei saper fare.

In sintesi, si promuovono nuove modalità di relazione che favoriscano l'incontro e o scambio fra soggetti differenti e la loro capacità di unirsi per comuni fini strategici mediante la scoperta di nuove capacità di affrontare solidalmente le differenti tattiche e particolarità.

Il nuovo coordinamento si riunirà il 7 Novembre a Roma,subito dopo le elezioni in Turchia, per esaminare le novità e programmare il lavoro e le iniziative da promuovere.


Report riunione gruppo donne Rete Kurdistan

Il gruppo ha convocato una riunione delle donne della rete a Livorno per il 14 novembre per organizzarsi bene per il prossimo anno. La rete collaborerà per coinvolgere tutte organziazione di donne in italia per far parte del comitato organizzativo.


È stato proposto di avere un comitato che si occupi di coordinare i lavori della rete che riguardano specificamente il movimento delle donne, e che possa occuparsi anche della sezione del sito dedicata (DONNE).

Per quanto riguarda l'informazione esiste un'agenzia di stampa JINHA (Agenzia di Stampa delle Donne, JIN Haber Ajansi) che ha il sito anche in inglese dove vengono pubblicate notizie dal punto di vista delle donne. Da lì si possono attingere notizie, comunque in merito ci si può coordinare con il gruppo informazione con cui metteremo in contatto chi si prenderà questo impegno.


IL collettivo delle donne della Rete Kurdistan Organizzerà una mobilitazione per la giornata del 25 novembre, se si riesce una manifestazione nazionale a Milano sabato 28 novembre

Coordinandoci e a concordando sulla mobilitazione per tempo, ci sara un'occasione per invitare una o più rappresentanti delle donne kurde in Europa e eventualmente organizzare un ciclo di incontri per discutere e confrontarci sui metodi e i contenuti delle lotte.

Si pensa di fare delle Formazioni e discussioni sull'ideologia e la lotta del movimento delle donne kurde, insieme le rappresentanti del movimento in Europa.

IL collettivo delle donne della Rete Kurdistan intende partecipare in modo attivo alla presentazione e divulgazione del libdro di Sara volume 2, organizzare iniziative per contribure al progetto di costruzione della casa delle donne a Kobane. Distribuzione del sapone Rojava prodotto da una cooperativa di donne di Afrin e E organzazione del 8 marzo 2016 in italia


Report gruppo informazione/formazione


Nel gruppo informazione si è condivisa la necessità di un rafforzamento del lavoro sull'informazione in un periodo di grande ritorno di interesse e di attenzione sulla questione curda in Italia.
Non sempre a questa a questo ritorno di interesse corrisponde a livello generale un informazione qualitativamente adeguata,spesso politicamente scorretta e distorta a livello di mezzi di comunicazione mainstream.

Va aumentato il coordinamento e la comunicazione tra le risorse disponibili evitando che,come accaduto nell'ultima assemblea di Bologna,il gruppo di lavoro dedicato si disperda senza prima di aver iniziato a lavorare.Si è individuato a tal proposito di aprire una mailing list del gruppo informazione/formazione,che permetta di mantenere una continuità di contatto tra le persone e quindi una maggiore continuità operativa.

In particolare per quanto riguarda l'informazione:


Sito Rete Kurdistan Italia

Il sito necessità di una profonda riorganizzazione dei contenuti e di un salto generale di qualità .È diventato,con tutti i limiti del caso,un punto di riferimento importante,e questo necessità di un approccio diverso.Non più basato sul lavoro e la buona volontà di singole persone ma sul lavoro collettivo strutturato.Si è condiviso quindi la necessità di:


  • Costituire una redazione che realizzi una profonda riorganizzazione dei contenuti del sito,aperta a chi ne fosse interessato,per costituire nel tempo un gruppo stabile e solido di lavoro.In prospettiva si prevede,se necessario,un nuovo sito 

  • Di aprire una mailing list specifica per la redazione di Rete Kurdistan 

  • Di strutturare un eventuale gruppo di traduttori 

  • Di aprire una sezione specifica di contenuti formativi di carattere storico,giuridico,e politico che permettano una comprensione della questione curda a chi si avvicina senza saperne molto. 



Alla redazione del sito si aggiungeranno due donne del Gruppo donne della Rete Kurdistan che si occuperanno di curare i contenuti di genere del sito e di tradurre notizie dell'agenzia Jinha.


Legal Team

Si  è condiviso la necessità di costituire un gruppo di avvocati che sappia intervenire nei confronti dei mezzi di comunicazione qualora l'informazione che essi diffondono diffusa sia ritenuta diffamatoria o lesiva.Questo può costituire anche eventuale canale di finanziamento per Rete Kurdistan.Inoltre garantisce al sito Rete Kurdistan uno strumento di tutela in caso di controversie.


Formazione

Verranno  organizzati due convegni all’Universita di Napoli e all’Universita di Genova.


Napoli : Convegno di due giorni sul Confederalismo Democratico (tra 5-10 marzo)

Genova :Convegno -Dalla  Guerriglia al Confederalismo (prima del newroz 21 marzo)


Libro Revolution in Rojava

In accordo con gli autori è stato proposto di tradurre in Italiano il testo "Revolution in Rojava",uno dei migliori testi disponibili sulla rivoluzione democratica del Rojava.A tale scopo si cerca la collaborazione di traduttori per un lavoro da dividersi in capitoli.

Amnesty International

È stato tradotto il rapporto di Amnesty International che cita in causa le YPG per presunte violazioni dei diritti umani.Il testo verrà condiviso,(condiviso)con cautela per l'utilizzo, ricordando il rispetto del copyright di Amnesty per evitare denunce. 


Report Ricostruzione Kobane

4 progetti coordinati a livello nazionale, con responsabili individuati per area geografica, e strutture organizzative (mailing list ricostruzione kobane e specifiche per progetto, siti già esistenti delle varie realtà, ecc...). per coordinarsi, condividere appelli, condividere la programmazione, promuovere i versamenti.
Tutti i progetti dovranno essere messi sui nostri siti e avranno canali di finanziamento specifici (conto corrente mezzaluna Livorno, causale per ogni progetto). Descrizione e comunicazione.
Per ogni progetto dobbiamo avere bilanci, prospetti, descrizione, ecc...  (Capacità di farsi pubblicità).
Tutti i progetti sono coordinati insieme a Uiki onlus e mezzaluna rossa curda.

- SCUOLA: la prima di cui ci si occuperà è quella Antonio Gramsci. 
Responsabili: Cobas Roma (Osvaldo), Cobas Torino (Pina), Cobas Pescara-Chieti (Domenico), Venezia (Tommaso), Sardegna (Antonello Pabis), Parma (Nelli Bocchi), Mezzaluna Rossa Livorno (Massimo). Pati luceri (lecce)
Causale: SCUOLA

- SANITÀ: La chiarezza di quello che serve per la situazione attuale arriverà verso fine anno perché scenderanno dei compagni di Trieste.
Si continueranno a portare avanti gli impegni presi: invio medici, 800 mensili,ecc...
NON FACCIAMO ACQUISTI FINCHÈ NON C'É UN CANALE PER IL TRASPORTO.
Responsabili: Roma (Emanuele), Livorno (Alessandro) e tutte e tutti quelli che si vogliono aggiungere.
Causale: ASSISTENZA SANITARIA.

- CASA DELLE DONNE: Responsabili: Roma (Angela-Ass. Lucha y Siesta ).
Causale: CASA DELLE DONNE.

- PLAYGROUND: Responsabili: Venezia (Marco Sandi), Bologna (Sara), Genova (Chiara, Mattia).
Causale: PLAY GROUND.

Oltre a questi progetti si è pensato di costruire un gruppo di lavoro che si occupi dei rapporti con i comuni gemmellati/patto d'amicizia per contrastare i due embarghi (Turchia e Iraq). Quindi fare un censimento e sollecitare.
Responsabili: Rimini (Sara), Valsusa (Daniele), Roma (Alessio), Napoli (Alfonso) con collaborazione uiki onlus. 

CROWFOUNDING: per specifiche necessità all'interno dei progetti. Per ora se ne occuperà l'USB (proposta loro) e noi vediamo di riprodurre il meccanismo.

Infine Daniele Valsusa ci informa di un progetto per la vendita di saponi e di Afrin e vari prodotti del rojava in Italia come altro canale di finanziamento.