17
marzo 2013 – aeroporto Ataturk di Istanbul
Domenica
17 marzo, la nostra delegazione, arrivata all’aeroporto Ataturk di
Istanbul, si è vista letteralmente “sottrarre” dalla polizia
turca, il compagno Antonio Olivieri, capo delegazione e presidente
dell’associazione onlus “Verso il Kurdistan”.
E’
l’ultimo episodio di una lista che tende sempre più ad allungarsi:
Aldo Canestrari, l’avv. Arturo Salerni, Carlotta Grisi, Francesco
Marilungo ed ora Antonio: si tratta di persone che hanno sempre
denunciato la falsa democrazia della Turchia ed oggi l’hanno
subita.
Le
compagne ed i compagni della delegazione esprimono tutta la loro
solidarietà ad Antonio e sono sicuri che questo episodio non
scalfirà, anzi rafforzerà, la sua volontà di lottare per
l’autodeterminazione del popolo kurdo.
18
marzo 2013 – incontro con l’associazione Tuyad Der di Van
Giunti
a Van, abbiamo incontrato Ahmed Aygun, presidente dell’associazione
Tuyad Der, l’associazione che aiuta le famiglie dei detenuti e che,
oltre ad avere un famigliare – talvolta anche più di uno in
carcere – hanno anche problemi economici.
Abbiamo
consegnato il corrispettivo di 12 borse di studio del progetto BERFIN
(“Bucaneve”), che ha la finalità di incrementare la
scolarizzazione delle ragazze.
Una
delle bambine che abbiamo incontrato frequenta l’ottava classe,
corrispondente alla terza media, ha una media scolastica di 85 su 100
e, da grande, vuole fare l’avvocata.
La
sua scuola è stata gravemente danneggiata dal terremoto dell’ottobre
2011 ed è in fase di ristrutturazione, cosicché le lezioni vengono
svolte in un altro edificio, cosa che comporta dei turni di scuola
pomeridiani.
La
ragazza ci ha detto che suo padre, dopo otto mesi di carcere, appena
tornato in libertà, è salito in montagna con la guerriglia.
Il
nucleo famigliare è composto dalla madre e da cinque figli, di cui
solo il più grande lavora e rappresenta l’unica fonte di reddito
della famiglia; inoltre, vive in famiglia, anche una zia, il cui
marito è stato ucciso in uno scontro a fuoco con l’esercito turco.
Nel
prosieguo dell’incontro, abbiamo chiesto a che punto sia la
ricostruzione dopo il terremoto ed, in particolare, quale sia la
situazione dell’edilizia scolastica.
Ahmed
Aygun ha premesso, cosa che avevamo già verificato di persona, che,
nella città, nessuno abita più nelle tende; ha aggiunto che
l’ospedale ha ripreso a funzionare perfettamente, che molte scuole
sono tornate ad essere agibili e che molte strade sono state rese
nuovamente percorribili.
La
situazione abitativa è la seguente: il governo turco aveva
inizialmente installato dei container; in seguito, ha consegnato case
ristrutturate o nuove a coloro che, prima del terremoto, possedevano
l’abitazione, lasciando le altre famiglie nei container.
Il
comune aveva, invece, fatto installare casette prefabbricate; poi ha
consegnato la casa ad una parte delle famiglie; le rimanenti avranno
la casa entro due anni.
Nel
pomeriggio, approfittando di una pausa dei lavori, la delegazione
composta da dodici persone (avvocati, lavoratori, medici,
giornalisti, insegnanti) ha raggiunto il lago di Van, il più grande
lago della Turchia, che si trova nella parte più orientale del
Paese.
E’
un lago salato che riceve acqua da numerosi piccoli corsi d’acqua
che scendono dalle montagne circostanti ed è uno dei più grandi
laghi endoreici (senza sbocchi) del mondo. L’originario emissario
del bacino venne bloccato da un’eruzione vulcanica.
Sull’isola
di Akdamar, c’è la stupenda chiesetta armena della Santa Croce del
X secolo.
Il
territorio che circonda il lago e la città di Van è stato il centro
dell’antico regno di Urartu.
19
marzo 2913 – incontro con la municipalità di Yuksekova
Ci
ha ricevuto il Sindaco Erkan Bora, succeduto alla Sindaca, Ruken
Yetiskin, che ha dovuto lasciare l’incarico a seguito della
condanna a sei anni di carcere, per la sua militanza nel Bdp in
quella città.
Aveva
scontato già un anno e mezzo di carcere; quando è uscita, è stata
nuovamente arrestata per il noto processo KCK ed è finita in
prigione per un altro anno e mezzo. Ora è libera, vive ad Istanbul,
in attesa dell’esito del ricorso presentato per essere reintegrata
nella sua carica di Sindaca.
Il
Sindaco di Yuksekova ha illustrato la situazione di feroce
repressione presente sul suo territorio, a seguito delle continue
operazioni di polizia.
L’operazione
KCK, scattata dopo le elezioni del 2009, ha colpito numerose città
del Sud-est, circa un centinaio, dove si erano insediate
amministrazioni filokurde.
Il
governo turco ha, così, artificiosamente creato un’associazione
“sovversiva ed
armata”, composta da
tutti/e i militanti del BDP, dagli amministratori neoeletti, dai
sindaci legalmente eletti.
Per
questo, sindaci e semplici militanti sono sottoposti a continui
processi, che non hanno mai fine.
Nel
territorio di Yuksekova e di Semdinli, sono circa 400 le persone
tuttora trattenute in carcere: tra loro, ci sono molti giovani
dirigenti del BDP ed amministratori comunali: sono stati arrestati di
notte, con irruzioni armate della polizia nelle loro case e con
perquisizioni violente.
Questo
è il vero volto del processo
KCK: un pretesto per
decapitare la dirigenza politica ed amministrativa del popolo kurdo.
Il
Sindaco ci ha riferito che il vice-presidente del BDP e altri
dirigenti del partito hanno incontrato Ocalan, detenuto dal 1999
nell’isola – carcere di Imrali: il 21 marzo, al Newroz di
Diyarbakir, riferiranno sui colloqui avuti con il Presidente.
Per
ora, sappiamo che Ocalan ha inviato tre lettere: una alla diaspora
kurda in Europa, una al BDP ed un’altra ai guerriglieri del Pkk,
sui monti Kandill.
All’incontro,
presso la municipalità, era presente anche il Presidente del BDP di
Yuksekova, Nait Durmaz, che ha espresso il proprio giudizio
sull’attuale fase di trattativa: “E’ stata la capacità del
popolo kurdo di dare una risposta forte alla grande offensiva
militare lanciata dall’esercito turco, con grande dispiegamento di
forze e di mezzi – compresi i droni – messi a disposizione da
quei campioni della “democrazia da esportazione”, che sono gli
Stati Uniti d’America, a determinare la svolta odierna”.
La
lotta del popolo kurdo si è avvalsa anche dell’apporto delle
formazioni guerrigliere, che hanno risposto, colpo su colpo, agli
attacchi dell’esercito turco: da questo punto di vista, il
territorio di Semdinli ha avuto un ruolo molto importante.
Alla
fine del colloquio, abbracci, baci e foto, che sono poi state
pubblicate nel sito dei giornali di Yuksekova e sui giornali, Azadì
Velat e “Ozgur Gundem”.
Incontro
con l’associazione Meya Der (associazione dei martiri)
L’associazione
si trova all’interno della sede del Partito della Pace e della
Democrazia (BDP), sopra il bazar della città e brulica di persone
indaffarate, che si riuniscono in vari locali; si sente l’atmosfera
del Newroz, che sarà celebrato il giorno 20 a Yuksekova, al quale
saremo presenti pure noi.
Dù
Zen Sadullah, presidente dell’associazione per i territori di
Yuksekova, Semdinli ed Hakkari, ci presenta le bambine destinatarie
delle borse di studio, nell’ambito del progetto BERFIN
(“Bucaneve”), i
cui contributi abbiamo portato dall’Italia, così come avevamo già
fatto a Van.
Alcune
bambine frequentano le classi elementari, altre le scuole medie, due
di esse frequentano il Liceo.
L’associazione
ci informa che alle dieci allieve destinatarie delle borse di studio
di quest’anno, se ne dovranno aggiungere altrettante altre, che
loro hanno individuato come meritevoli di avere il nostro contributo
per lo studio.
Noi
abbiamo risposto che cercheremo di far fronte anche a questa
richiesta, facendo però presente che l’Italia soffre di una grave
crisi economica e che, di conseguenza, non possiamo garantire il
soddisfacimento della richiesta.
Una
delle bambine, molto brava a scuola, si presenta e ci racconta la sua
storia: si chiama Nedine e vuole diventare avvocata, mentre un’altra
– Ividar - spera di riuscire a diventare dottoressa; poi, si
presentano Irem e Narine che, anche loro, vogliono diventare
avvocate.
Alle
fine dell’incontro, tutte ci ringraziano per essere venuti e
sperano che, un giorno, anch’esse saranno libere e potranno venirci
a trovare in Europa.
Terminato
l’incontro, ci siamo affrettati a raggiungere la cittadina di
Semdinli, dove, sin dalle 10.00, erano iniziati i festeggiamenti del
Newroz.
Questi
si sono svolti fuori dall’abitato, in una spianata circondata da
altissime montagne piene di neve.
La
delegazione italiana, superati numerosi e pretestuosi controlli di
polizia, aperto lo striscione portato dall’Italia, ha raggiunto il
palco, tra gli applausi della folla.
Lo
striscione portava i nomi delle tre compagne kurde barbaramente
assassinate a Parigi il 10 gennaio scorso. C’era scritto così, in
kurdo e in italiano: “Sakine, Fidan e Leyla, loro vivranno sempre
nei nostri cuori”.
Una
componente della delegazione, l’avvocata Simonetta Crisci, invitata
dagli organizzatori a prendere la parola, ha portato i saluti degli
italiani di tutte le delegazioni venute in Kurdistan per questo
Newroz, comunicando anche l’espulsione di Antonio Olivieri.
I
festeggiamenti sono andati avanti sino alle 15.00, con interventi di
rappresentanti del BDP e degli amministratori locali, intervallati da
danze e canti kurdi.
La
delegazione, tornata a Yuksekova, si è incontrata con una
cooperativa di giovani donne, che ha assunto il nome di “Gever”,
antico nome kurdo della città.
Il
loro progetto, che è stato già avviato, con la produzione e la
vendita di tulipani, prevede l’apertura di una fabbrica di
trasformazione di prodotti lattiero-caseari: in particolare, si
inizierà con la produzione di yogurt.
Il
Ministero ha già approvato il progetto, che prenderà il via il
prossimo mese di settembre e che occuperà inizialmente venti donne.
Attualmente,
la cooperativa è composta da sette donne; in prospettiva, dovrebbero
diventare un centinaio le donne occupate nella fabbrica.
Le
più giovani ci hanno parlato dei rischi esistenti in questa zona del
Kurdistan, molto prossima ai confini iraniani, una zona dove la
religione viene usata per dominare le donne, cosicché vi è il
pericolo che pure loro subiscano la sorte delle donne iraniane:
dominate e sottomesse, senza libertà, né possibilità di
autodeterminazione.
Per
questi motivi, hanno deciso di creare la cooperativa, per rendere le
donne indipendenti economicamente e per avviare un percorso di
liberazione; in questo, sono state aiutate dall’ex Sindaca, Ruken
Yetiskin, nonché dagli insegnamenti di Ocalan che ha molto insistito
su un ruolo non subordinato della donna nella società kurda.
20
marzo 2013 – Newroz a Yuksekova
E’
bene precisare che, quest’anno, le città del Kurdistan hanno
anticipato le date dei festeggiamenti del Newroz, poiché tutti gli
esponenti del BDP e i sindaci si sarebbero ritrovati il 21 marzo a
Diyarbakir, essendo stata annunciata la lettura della lettera che
Ocalan aveva inviato al popolo kurdo.
Quindi,
il 20 marzo, su invito del BDP e dell’amministrazione comunale, la
delegazione ha partecipato al Newroz di Yuksekova.
Come
già accaduto a Semdinli, la nostra delegazione, superati i “rituali”
controlli della polizia, è entrata nella piazza accolta dagli
applausi di oltre ventimila persone presenti.
Il
nostro striscione, esposto sotto il palco per tutta la durata del
Newroz, è stato apprezzato a tal punto che le giovani presenti in
piazza ci hanno chiesto di lasciarglielo in dono, cosa che abbiamo
fatto ben volentieri.
Come
a Semdinli, gli interventi politici, tra cui quello della nostra
delegazione, ad opera di Simonetta Crisci, si sono alternati con i
canti e i balli tipici del Newroz; eccezionalmente, quest’anno, si
è esibito anche un gruppo “rap”, che è stato molto applaudito
dalla folla.
Non
essendovi state provocazioni della polizia, come accaduto altre
volte, tutti i Newroz si sono svolti senza incidenti.
21
marzo – festa del Newroz a Diyarbakir
L’aspettativa
suscitata dalla notizia che al Newroz di Diyarbakir sarebbe stata
letta la lettera inviata da Ocalan al popolo kurdo, nonché la
conseguente mobilitazione indetta dal BDP, ha comportato delle
variazioni al nostro programma.
Infatti,
i Sindaci di Hakkari e di Sirnak che avremmo dovuto vedere il 21
marzo, ci hanno fatto sapere che sarebbero andati a Diyarbakir,
cosicché abbiamo incontrato e salutato il Sindaco di Hakkari sul
palco del Newroz di Yuksekova ed abbiamo deciso di cambiare il
programma, per partecipare a quello che si preannunciava come un
evento storico.
Siamo
partiti alle 15.30 da Yuksekova ed abbiamo percorso circa 500
chilometri, molti dei quali su strade di montagna in pessime
condizioni.
Il
dato politico interessante, comunque, è costituito dai nove posti di
blocco, sei dei quali negli ultimi sessanta chilometri, che, se per
noi, hanno comportato soste non brevi, stavano, però, ad indicare
che il Governo ha un ben scarso controllo di quel territorio, che,
non a caso, quest’estate è stato teatro di duri combattimenti tra
guerriglieri ed esercito turco occupante.
Comunque,
dopo dieci ore di viaggio, siamo giunti nella splendida cittadina di
Mardin, distante circa cento chilometri da Diyarbakir, dove non era
stato possibile trovare posto in albergo, a causa dell’enorme
affluenza di persone provenienti da tutte le regioni del Kurdistan.
Il
21 marzo, la nostra delegazione, giunta a Diyarbakir, ha preso parte
al Newroz, che si teneva fuori dalla città in una grande spianata.
Lì,
a dispetto di quanto falsamente riportato da alcuni dei “principali”
quotidiani italiani, è confluito oltre un milione di persone, forse
anche due, come sostenuto da molti dei presenti.
In
questo caso, i canti e i balli che pure ci sono stati, sono passati
in secondo piano rispetto ai numerosi interventi politici di
esponenti del BDP, di amministratori locali e di responsabili delle
decine di organizzazioni della società civile kurda.
Le
numerose delegazioni internazionali sono state accolte con grande
entusiasmo dalla folla, ma, al fine di evitare discriminazioni, non è
stata data la parola a nessuna di loro.
Naturalmente,
il momento culminante della giornata, è stata la lettura della
lettera di Ocalan, di cui ampi stralci sono stati pubblicati da tutti
i giornali.
Ecco
alcune delle parti più significative del messaggio di Ocalan:
“E’
tempo che le armi tacciano e che le idee parlino”;
“Lo
spargimento di sangue sta andando avanti da troppo tempo,
danneggiando tutte le popolazioni di questo territorio”;
“E’
il momento che la politica vada oltre le armi”;
“E’
tempo che le nostre forze armate si ritirino oltre il confine”;
“Questo
è un nuovo inizio, non è una fine”;
“E’
l’inizio di una nuova lotta in favore di tutte le minoranze
etniche”;
“Abbiamo
tutti delle grandi responsabilità verso la democratizzazione delle
popolazioni e culture in queste terre”;
Invito
tutte le altre popolazioni in questo territorio a condurre
un’esistenza basata sulla libertà e l’eguaglianza”;
“I
turchi e i kurdi hanno inaugurato insieme il Parlamento nel 1920”;
“Abbiamo
costruito insieme il passato e adesso abbiamo bisogno di mantenerlo
insieme”.
Su
queste tematiche è aperto il dibattito, sia tra la popolazione
kurda, sia tra tutti coloro che ne hanno a cuore le sorti.
23
marzo – incontro con l’associazione Madri della Pace di
Diyarbakir
A
Diyarbakir, nella sede dell’associazione Madri della Pace, la
delegazione ha incontrato le esponenti del movimento. Ciascuna madre
ha raccontato la propria storia.
Tutte
hanno perso mariti o figli combattendo per la causa kurda.
E’
importante far conoscere all’opinione pubblica europea la storia e
le difficoltà di queste donne per far capire le sofferenze che
continuamente vive il popolo kurdo.
L’associazione
Verso il Kurdistan da oltre dieci anni porta avanti un progetto di
sostegno a distanza di queste donne, per dar loro la possibilità di
continuare a vivere in condizioni dignitose, pur in assenza del
capofamiglia.
Durante
l’incontro, tre sono state le storie più toccanti.
Hasine
Guler ha raccontato la
disperazione che prova ogni giorno per non avere più notizie di uno
dei suoi figli, partito quindici anni fa per andare in montagna a
combattere.
Il
marito ottantenne di Hasine e un altro figlio sono stati condannati
entrambi a 36 anni di carcere, 16 ancora da scontare.
La
famiglia di Hasine proviene da un villaggio vicino a Diyarbakir che è
stato bruciato dall’esercito durante gli anni caldi della
guerriglia.
Oggi
vive con quattro figli a Diyarbakir.
Serine
Unat , 10 figli, uno
di questi studente all’ultimo anno della facoltà di medicina, ha
lasciato tutto per andare in montagna a combattere con la guerriglia,
e, da ventun anni, sua madre non ha più notizie di lui.
Durante
una violenta perquisizione in casa, suo marito è stato colpito alla
testa con il calcio del fucile da un militare e dopo qualche mese è
deceduto.
Anche
lei ha dovuto abbandonare il suo villaggio, come la maggior parte
delle donne appartenenti a famiglie di combattenti.
Leyla
Astan ha perso il
marito a soli 25 anni ed ha dovuto affrontare mille difficoltà.
Madre
di quattro figli, dopo essere scappata dal suo villaggio dato alle
fiamme dai militari, si è rifugiata poco lontano, ma anche da qui ha
dovuto scappare perché una spia aveva dato il suo nome alla polizia.
La sua famiglia, infatti, era ricercata.
Il
fratello, presidente del partito DEP (ora BDP) a Barman, è stato
ucciso poco tempo dopo, in un agguato al mercato. Gli assassini si
erano rifugiati nel commissariato.
Il
suo assassinio è stato un’esecuzione extragiudiziaria.
Un
nipote che studiava medicina è andato a combattere in montagna.
Arrivata la notizia della sua morte, non è mai stato trovato il suo
corpo.
Un
cognato è stato ucciso in un agguato mentre rientrava a casa, in
auto, una sera. Era l’anno 1993; ha lasciato tre figli piccoli.
L’impegno
delle Madri della Pace consiste in attività di interposizione,
ovunque ci siano scontri o operazioni militari.
Dicono
di essere contente della lettera di Ocalan e pregano per la pace.
Sono
pronte a fare qualsiasi cosa, ma aspettano un segnale di apertura dal
governo.
23
marzo – incontro con l’associazione Tuhad Fed (associazione dei
famigliari dei
detenuti
politici) di Diyarbakir
La
delegazione ha incontrato l’associazione Tuhad Fed, Si tratta di
una confederazione di nove associazioni; seguono 10 mila detenuti,
sparsi in 82 carceri;
si
occupano di sostegno legale ai detenuti politici e sostegno economico
alle loro famiglie.
La
responsabile dell’associazione si è soffermata sull’importanza
del grande sciopero della fame iniziato il 12 settembre 2012, da 64
detenuti politici in sette carceri, come forte azione di sostegno al
presidente Abdullah Ocalan, in totale isolamento da un anno e mezzo.
Durato
78 giorni ha coinvolto poi circa 10 mila detenuti, sostenuti anche
dagli intellettuali e dalla sinistra turca.
Grazie
all’unione delle varie componenti della società turca e kurda,
anche nei Paesi dell’area e in Europa, è stato compreso il forte
legame tra Ocalan e il suo popolo.
Dopo
la fine dello sciopero della fame, nei primi giorni del 2013, il
governo turco ha ripreso gli incontri con Ocalan per aprire una fase
nuova.
Da
questo momento, il Presidente dei kurdi ha scritto tre lettere: una
ai combattenti, una ai kurdi della diaspora ed una al popolo kurdo
che è stata letta durante il Newroz a Diyarbakir.
Il
contenuto di questa lettera non è stato una grande sorpresa per i
kurdi, ma ha permesso, invece, ai turchi e alle altre minoranze, di
conoscere le sue intenzioni.
Ocalan
non vuola la guerra, ma una lotta per la fraternità di tutti i
popoli della Turchia, per vivere insieme in una patria libera, nella
democrazia.
Ocalan
attende ora un passo avanti da parte del governo turco per proseguire
il percorso di pace ed avviare delle vere e proprie trattative.
La
rappresentante dell’associazione confida alla delegazione che
questa è considerata, da Ocalan, l’ultima possibilità. Se non
verrà accolta, i kurdi saranno costretti ad intraprendere nuovamente
una lotta armata di popolo.