sabato 2 marzo 2013

Progetto “Hevi U Jiyan” (La speranza e la vita): per un ospedale nel campo profughi di Mahmura in Sud Kurdistan (Nord Iraq)

Dagli anno ’90 è in corso una guerra cruenta tra la guerriglia del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e l’esercito turco.
Nella regione kurda, lo Stato turco ha messo in pratica il suo progetto, quello di “togliere l’acqua ai pesci”.
Per cui, i militari turchi hanno cominciato ad evacuare, con la forza, i villaggi kurdi, costringendo poveri contadini a lasciare le loro case, la campagna, il bestiame.
L’esercito considerava questi contadini responsabili degli attacchi guerriglieri.
Chi si rifiutava di lasciare il villaggio, veniva arrestato o ucciso; molti subivano le torture; le case venivano bombardate e bruciate.


Allora, l’apparato statale turco praticava una grande oppressione: vietato parlare in kurdo, vietato pronunciare la parola Kurdistan, vietato ascoltare musica e canzoni kurde.

I profughi si sono trovati di fronte a due strade: lasciare i villaggi o venire uccisi.
La proposta è stata quella di partire per il Sud Kurdistan (Nord Iraq).

Negli anni ’93-’94, l’esercito turco ha costretto 20 mila contadini, abitanti i villaggi di montagna sui confini con l’Iraq a sfollare dai loro villaggi, situati nelle zone di Sirnak e di Hakkari verso il Sud Kurdistan.

In Nord Iraq, i profughi si sono installati, prima a Seranis e a Biher, poi a Bersiv, Etrus-Gelye, Kiyamete, Ninova, Nehdara, e, alla fine, nel ’98, sono arrivati a Mahmura, nella zona Mossul.

Ora appare facile citare i nomi di tutti questi campi, ma i profughi vivevano allora una situazione tragica e di grande sofferenza.

E lo Stato turco, tramite i paramilitari, l’esercito e la collaborazione di fazioni di kurdi iracheni, non ha mai rinunciato ad attaccare i profughi del campo; anche le Nazioni Unite sono state usate contro il popolo in fuga e non sono mancati attacchi da parte dello stesso governo iracheno.

All’inizio del 1997, a seguito dei continui attacchi, circa cinquemila persone hanno lasciato il Campo di Mahmura e sono andati ad installarsi in altre zone, a Semel, Misirik ve Kasvok.

A Mahmura oggi vivono circa 12 mila persone.

Quando i profughi sono arrivati a Mahmura, in mezzo al deserto, la zona, come adesso, era senz’acqua, popolata di scorpioni e serpenti.
I profughi hanno vissuto in uno stato di totale abbandono, per anni, e molti bambini, sono morti di sete, di caldo e di malattie.
Adesso, dopo molti anni di sacrifici, il Campo di Mahmura è diventato un posto vivibile.

Politicamente, siamo profughi.
Siamo sotto la protezione delle Nazioni Unite perché siamo profughi.
Fino al termine del regime di Saddam Hussein, siamo stati sotto il diretto controllo del governo di Baghdad, poi siamo passati sotto il controllo del governo federale del Kurdistan.

A Mahmura, c’è un governo autonomo del Campo.
Il popolo di Mahmura ha costruito in questi anni un suo sistema di gestione e di autogoverno democratico, ha formato le sue organizzazioni e si gestisce liberamente.
La sicurezza interna del Campo è garantita dai suoi abitanti.
L’educazione scolastica è a carico degli insegnanti volontari del Campo.

Ma lo Stato turco fa pressione sugli Stati Uniti, sulle Nazioni Unite, sul governo iracheno, sul governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno per evacuare il Campo e rispedire i profughi in Turchia.
Nei mesi scorsi, una delegazione composita, turca ed americana, è arrivata al Campo ed ha chiaramente fatto capire le proprie intenzioni.
In più, lo Stato turco fa pressione sulle Nazioni Unite dicendo che ci sono dei terroristi nel Campo, ma non è stato trovato nulla che confermi questa ipotesi.

Lo statuto di rifugiato è un riconoscimento che viene dato ad una persona che non ha garanzie di sicurezza nel proprio Paese.
I profughi del Campo non vogliono tornare in Turchia senza garanzie, lo dicono le stesse leggi internazionali.
Le condizioni politiche della Turchia sono forse cambiate? E’ forse finita la guerra in Turchia? Il sistema dei “guardiani di villaggio” è stato forse abolito? La discriminazione etnica è finita? C’è la libertà d’espressione in Turchia? Sono finite le esecuzioni extragiudiziali? Certamente no.

Nei mesi scorsi, è stato inviato in Turchia un gruppo di pace per dimostrare le buone intenzioni del popolo kurdo nel ricercare la pace, ma sono stati portati in giudizio e condannati.
Questa è la democrazia che c’è in Turchia.

La municipalità di Mahmura è stata fondata nel 1999, è ufficialmente riconosciuta dal governo centrale iracheno e dal governo regionale del Kurdistan; è formata da 21 consiglieri e da un Sindaco; il Sindaco e i consiglieri lavorano volontariamente, al prezzo di grandi sacrifici. Il ruolo del Sindaco è quello di essere il coordinatore.

La municipalità dipende direttamente dall’ Assemblea democratica popolare di Mahmura, che riunisce periodicamente la popolazione per spiegare le proprie attività, ascoltare critiche e proposte.
Per esempio: nonostante, nel Campo vi siano soltanto quattro persone addette alla pulizia, non esiste un problema di pulizia perché le persone del Campo partecipano volontariamente; i differenti servizi della municipalità – l’archivio, i vigili, il servizio elettricità, acqua, ecc. - funzionano secondo le necessità e con il mutuo aiuto.
Sono stati costruiti campi di calcio, di basket e di volley.

In futuro, c’è bisogno di un centro moderno per le attività culturali, artistiche, teatrali e sportive. E di un acquedotto che non abbiamo.
C’è la necessità di costruire strade ed infrastrutture; per questo, c’è bisogno di attrezzature e macchinari.

A seguito delle cattive condizioni climatiche – caldo, polvere, polluzione dell’acqua – ci sono molte malattie a Mahmura, che riguardano, in modo particolare, le donne e i bambini. Sono in aumento i casi di cancro, le malattie renali a causa dell’acqua inquinata, frequenti anche le crisi cardiache e le malattie psicologiche.

Malgrado ciò, non esiste nel Campo un ospedale per far fronte a queste esigenze sanitarie. C’è solo un ambulatorio, con un’attrezzatura che può fare solo analisi del sangue e null’altro. Non ci sono medicinali sufficienti. Le donne partorienti solitamente si rivolgono a medici privati esterni al Campo che però hanno un costo notevole.

Da qui, la necessità di implementare un progetto per la costruzione di un piccolo ospedale con 10 posti letto nel campo di Mahmura su una superficie di mq 400:

1. Mattoni: (8,000,000 ID) 6500 $
2. Cemento: (5,000,000 ID) 4065 $
3. Sabbia e sassi (ciottoli): (5,000,000 ID) 4065 $
4. Ingessatura: (1,500,000 ID) 1220 $
5. Maiolica: (3,000,000 ID) 2440 $
6. Soffitto: (3,000,000 ID) 2440 $
7. Finestre: (4,000,000 ID) 3250 $
8. Porte: (3,000,000 ID) 2440 $
9. Elettricità: (3,000,000 ID) 2440 $
10.Acquedotto (tubi, ecc): (4,000,000 ID) 3250 $
11.Ferri: (8,000,000 ID) 6500 $
12.Ferri e forme: (12,000,000) 9750 $
13.Manodopera: (20,000,000 ID) 16250 $

TOTALE: (79,500,000 ID) 64,610 $

Attrezzature necessarie per l’ospedale

Questo progetto riguarda soltanto la costruzione dell’ospedale.
Servono poi anche le attrezzature, come, ad esempio, macchine per ultrasuoni, ECG, raggi X, microscopi, incubatrici, ecografi, elettrocardiografi, apparecchi per elettromiografia, elettrobisturi, apparecchiature radiologiche.




Associazione onlus Verso il Kurdistan
c/o Banca Intesa - San Paolo - sede di Alessandria
IBAN    IT79 F030 6910 4001 0000 0402 675

          oppure
su conto corrente postale n. 39213681, intestato ad:
associazione Verso il Kurdistan onlus