Alessandria, comunità di garanzia per il Kurdistan |
di Ercan Ayboga
La vicenda della grande diga di Ilisu con il conseguente stravolgimento dell’ecosistema, ha visto – ancora una volta una folta rappresentanza di abitanti della provincia di Alessandria in prima linea. Città antichissime come Hasankeyf, popolazioni con culture degne del massimo rispetto, come kurdi, turchi, arabi, armeni, rischiano di doversene andare dalle loro residenze millenarie.
Un nostro amico, Ercan, curdo-turco trapiantato in Germania ci aiuta a capire meglio cosa sta succedendo. Si tratta di un documento esclusivo per l’Italia, pubblicato fino ad ora solo su riviste specializzate turco-curde e tedesche.
E’ noto che ad Alessandria opera da anni una importante organizzazione quale “Verso il Kurdistan”, caratterizzata dal sostegno alle libertà dei popoli e all’autodeterminazione. Di questa particolarità che ci caratterizza a livello mondiale si sa poco. Il fatto che Ercan abbia abbia scelto noi per la sua comunicazione ci permetterà di far conoscere Alessandria in una nuova luce.
La Commissione del mondo sulle dighe (WCD) e’ da tempo che si concentra sulla domanda di come le somme di denaro impegnate per la costruzione di grandi dighe possano essere compensate adeguatamente ed essere reimpiegate correttamente. Si tratta di un dibattito importante che partendo dalle dighe ha portato ad un ripensamento delle modalita’ di sviluppo. Si e’ arrivati così a interessare i profili dei diversi destinatari e ci si e’ posti sempre piu’ la domanda di quanto e come si comportino i governi , gli ' external stakeholders' come pure le varie istituzioni internazionali.
Gli investitori finanziari e le organizzazioni non governative (NGOs) possono essere incoraggiati a realizzare le raccomandazioni e gli standard internazionali del WCD per quanto riguarda la protezione dell'ambiente.
Questo articolo – infatti – intende analizzare le azioni di tre agenzie europee di credito all'esportazione (ECAS) con l’obiettivo di migliorare i risultati del progetto della diga di Ilisu (Turchia orientale) e di tutto l’insieme della potenza idroelettrica installata nel sud-est curdo popolato in stragrande maggioranza da persone contrarie – e con ragione – alla installazione in oggetto.
Obiettivo del presente lavoro è , inoltre , di verificare il ruolo dei NGOs (Organizzazione Non Governative) all'interno del processo di ottenimento di risultati positivi pur in presenza di spinte economiche e sociali divergenti. Anche se gli sforzi dell'ECAS per rispettare i targets di progetto della FMI (Banca mondiale) si sono dimostrati infruttuosi e hanno portato addirittura al ritiro definitivo degli stanziamenti a luglio 2009, si è trattato comunque di un banco di prova importante. Per esempio è stato questo il primo caso nella storia economica dove l'ECAS ha tentato di proporre soluzioni tese a trovare l’accordo di tutti, non riuscendoci , ma creando le premesse per una vera governance prossima ventura.
INFORMAZIONI PRELIMINARI
Ilisu è un piccolo villaggio sulle fiume Tigri nella zona del sud-est Curdo della Turchia, vicino ai confini della Siria e dell'Irak. Sarebbe rimasto sicuramente sconosciuto al mondo intero se non ci fosse stata la proposta di piazzare qui un impianto idroelettrico che il governo turco intende mettere proprio nelle vicinanze del piccolo centro i Ilisu. Il progetto della diga di Ilisu è stato presente in molte occasioni sia nei giornali internazionali che turchi in questi ultimi anni, poichè si tratta di uno dei progetti più contestati al mondo.
L'effetto del progetto sulla popolazione e nell'ambiente nella regione sarebbero – ad impianto finito - immensi. Per esempio, la città antica di Hasankeyf, una volta fiorente centro commerciale sulla “via della seta” ed abitato ininterrottamente negli ultimi diecimila anni, sarà sommersa. Con conseguente spostamento della popolazione e, forse, delle attestazioni storiche presenti sul territorio da inondare…un po’ un “effetto Asswan”
In un progetto di questa dimensione, vi sono moltissimi interessi che si intersecano e portano ad una serie di conseguenze. Per assicurare che “i portatori di interessi” con meno influenza fossero sentiti e che fossero per lo meno pari agli storici propositori del progetto, il WCD ha sviluppato un insieme di raccomandazioni in modo da cautelarsi per ogni evenienza. Uno dei problemi principali ha riguardato la giustificazione, in un quadro di bilancio fra costi e benefici, dell ‘ effettiva necessità di un impianto di quelle dimensioni. La costruzione di un grande progetto di idropotenza è – infatti - non solo un'attività tecnica, ma richiede anche un processo complicato di controllo ed una struttura finanziaria complessa. Quando, nell’anno 2005 (dopo i ritardi dei primi anni determinati dalla pressione internazionali e dall’opposizione delle NGOs), la Turchia ha invitato le aziende europee a fare parte del consorzio di costruzione, il progetto non è stato più un affare nazionale ma si andava a trasformare in in una decisione politica e finanziaria internazionale (Warner, 2008).
Le aziende europee hanno fatto domanda per la copertura di assicurazione dell'esportazione con le loro agenzie nazionali di credito all'esportazione (ECAS) e per i prestiti dell'esportazione con i cosidetti “banks.2”.
L'ECAS avrebbe acconsentito a sostenere attività di appoggio al progetto solo se la Turchia si fosse adattata agli standard internazionali di costruzione delle dighe ed avesse accettato le misure di sicurezza europee .
Questo al fine di proteggere l'ambiente, la popolazione costretta ad emigrare e l' insieme dell’eredità culturale. Per ben due volte, l'ECAS europeo ha provato a realizzare i termini specifici di progetto sociale ed ambientale, secondo quelli che erano gli standard inizialmente accettati dal governo turco, ma, come si vedrà tutto si è arenato.
Sono da osservare soprattutto le azioni dei vari ECAS tedesco, svizzero ed austriaco, che hanno cercato di aderire ai targets proposti dalla FMI per il progetto della diga di Ilisu.
Cominciamo col dare una descrizione generale del progetto della diga di Ilisu comprese le grandezze generali , le somme finanziarie in ballo, le ripercussioni socio-economiche e politiche del progetto anatolico del sud-est (GAP in sigla turca), di cui Ilisu è un tassello fondamentale.
INFORMAZIONI DI BASE SUL PROGETTO DELLA ILISU - DAM
Ilisu, un villaggio pricipalmente curdo sul fiume Tigris in Anatolia del sud-est, si è trasformato nel grande progetto omonimo di idropotenza. La prevista diga di Ilisu consiste di una parete larga 1.8 chilometri con una altezza di 135 m. ; si tratterà del terzo più grande bacino idrico in Turchia con una superficie pari a 313 chilometri quadrati (IEG, 2005). La diga ha un costo previsto in valuta 2007 di un miliardo e duecento milioni di euro. Si troverà a circa 65 chilometri dal confine con Siria e Irak. La diga di Ilisu avrà – nel caso di costruzione - una potenza di progetto di 1200 Mw e una produzione annuale di 3822 GWh, circa il 2 per cento della produzione nazionale di elettricità (IEG, 2005).
Il più grande gruppo etnico all'interno dell’area di progetto è quello curdo con altre presenze importanti quali l’etnia araba, la Aramean e la Armenian, oltre – ovviamente- ad una ristretta presenza turca.
Il GAP certamente ha generato un certo numero di benefici nella produzione di energia e nella semplificazione delle produzioni agricole; tuttavia,gli impianti già realizzati hanno prodotto risultati di difficile valutazione. Vari studi hanno segnalato problemi derivanti dalla mancanza di infrastrutture adeguate al sostegno di una serie di opere così moderne e impattanti. Hanno altresì fatto presente che lo stesso tessuto agricolo tradizionale ha ricevuto un forte stress in quanto le fonti idriche di approvvigionamento sono cambiate, così come le modalità di accesso all’acqua e, soprattutto, il costo relativo della stessa.
Uno studio, per esempio, ha segnalato che " questi problemi non sono stati studiati correttamente, non vi è mai stata un’informazione libera e trasparente; inoltre gli effetti finanziari hanno avuto un forte impatto negativo e destabilizzante sia sul mercato turco che tedesco. Tanto che la relazione termina con un chiaro. “ many problems are unresolved" (Sahan ed altri, 2001). Effetti simili sono stati riconosciuti dal WCD: " Mentre le dighe hanno comportato alcuni benefici ed hanno contribuito allo sviluppo umano, in troppi casi il prezzo pagato per assicurare quei benefici, particolarmente dal punto di vista sociale ed ambientale, è stato troppo alto e, quindi, resta un giudizio fortemente critico sull’insieme delle operazioni" .
UN PO’ DI STORIA
Durante gli anni ‘80 e ’90 dello scorso secolo, la regione era il centro di una vera e propria guerra civile; si trattava di un “ethnic-based-conflict” sia fra le forze di sicurezza turche e le rappresentanze più agguerrite del movimento curdo, sia tra la minoranza turca presente e la stragrande maggioranza curda tradizionalmente insediata in quei luoghi. Nel 1978, nacque proprio il PKK ,formato per difendere i diritti della popolazione curda in Turchia. La situazione si è mantenuta per lungo tempo in condizioni di tensione con l’ufficializzazione della “condizione di emergenza permanente” dichiarata nelle regioni curde di Turchia; emergenza che è durata fino al febbraio 2002. Due milioni e mezzo di persone sono state cacciate dalle loro case dai militari turchi o sono fuggite nel timore di avere conseguenze dal conflitto (KHRP, 2005). Anche se il confronto militare si è concluso nel 1999, ancora nel 2005 si sono svolte battaglie fra le forze di sicurezza turche e il PKK , anche se sporadicamente. Malgrado l'annuncio dal governo turco, in estate 2009, finalizzato ad una soluzione pacifica alla giusta richiesta curda di indipendenza, una presenza militare pesante è ancora in situ lungo i confini siriani, iraniani ed iracheni, comprendendo nel quadro delle operazioni possibili anche la regione di Ilisu. Al proposito è utile ricordare che le organizzazioni dei diritti dell'uomo hanno rivelato che gli imprigionamenti e la tortura sono pratiche ancora frequenti (IHD, 2009).
Un giro di vite per quanto riguarda la sicurezza ha riguardato anche la zona di Ilisu.
CONSEGUENZE DEL CONFLITTO
Questa situazione di contrasto ha portato ad un irrigidimento del governo turco nei confronti degli osservatori internazionali che avrebbero dovuto verificare lo sviluppo delle attività propedeutiche al rispetto dei parametri stabiliti da FMI e Banca Europea. Già nel 2008 si erano avuti divieti che avevano riguardato il libero movimento degli osservatori. Situazione che si è ripetuta nel corso del 2009 (CoE, 2009d). Addirittura, durante la visita di una NGO locale turca ad alcuni loro parenti, gli stessi partecipanti sono stati arrestati e trattenuti per i due giorni (KHRP, 2008).
TESTIMONIANZE DIRETTE
“ Un altro aspetto che viene molto controllato è ciò che stiamo facendo in questo periodo (a partire dal 2007) cercando di capire quale sarà l’esatta entità dell’invaso sui terreni (e le costruzioni) preesistenti e quante persone saranno interessate da rilocalizzazioni. Ogni nostro sforzo per avere informazioni sugli effetti del progetto della diga di Ilisu nell'ottobre 2007, è stato vano; infatti, siamo stati arrestati dalle “Forze turche di Protezione” e siamo stati bloccati presso la caserma militare locale” (Eberlein e Ayboga, 2007).
Le poche indagini indipendenti fatte in loco hanno accertato che vi è una grande riluttanza a lasciarsi andare in considerazioni libere su quello che sarà l’impatto della diga. La paura è ancora troppa e bisogna aspettare per avere considerazioni più tranquille.
(KHRP, 2005).
I FINANZIAMENTI
Il primo tentativo di costruire la diga grazie all’emissione di buoni garantiti del tesoro (BOT)
risale al 1996 . Tentativo, però, immediatamente abortito per mancanza di investitori (Hildyard ed altri, 2000). Un secondo tentativo è stato promosso dal governo turco nel 1998 incaricando un consorzio internazionale con il traino della società di costruzioni britannica Balfour Beatty. A questo “treno” si sono collegate aziende dalla Svizzera, dall'Italia, dalla Gran Bretagna e dalla Germania, oltre che dalla Turchia.
In quel caso è stata la Union Bank Svizzera, a svolgere la funzione di soprintendente finanziario (Setton e Drillisch, 2006). Per coprire il rischio , le aziende europee hanno ricevuto le garanzie riguardo all'esportazione dal loro rispettivo ECAS.
Poichè il progetto non ha incontrato la risposta attesa, l'ECAS ha richiesto che tre circostanze fossero soddisfatte prima di autorizzare la costruzione del progetto “Dam 12” (Hildyard ed altri, 2000; Bischoff e Pérouse, 2003). Proprio per cautelarsi ha rilanciato sui temi della compatibilità strutturale energetica, sulle assicurazioni sul futuro delle popolazioni e dei beni archeologici.
Tuttavia, dopo tre anni di valutazione di progetto, le organizzazioni della società civile in Europa hanno fatto presente che i problemi ambientali e sociali precedentemente identificati sono rimasti insoluti (Balfour Beatty, 2001; UBS, 2002).
Il 13 novembre 2001, Balfour Beatty e l'azienda italiana Impregilo si sono ritirati da Ilisu, commentando che : " non c'è nessun'ulteriore azione né nuovo impegno da parte di
Balfour Beatty su questo progetto vista l’impossibilità di giungere ad una soluzione dei problemi localmente evidenziati” (Balfour Beatty, 2001).
Nel febbraio 2002, il soprintendente finanziario UBS Svizzera inoltre ha reiterato le obiezioni ambientali e sociali insolute, che hanno concluso il secondo tentativo di costruire Ilisu.
VERSO IL BLOCCO DEFINITIVO (SI SPERA…)
Nel 2005, i responsabili della Commissione Turca di Studio (DSI) hanno ricominciato il progetto ed hanno incaricato un nuovo consorzio, questa volta con il traino principale di una consociata di Andritz Austria). Altre aziende coinvolte nella costruzione erano:
Alstom, Stucky, Colenco e Maggia dalla Svizzera, Züblin dalla Germania e Nurol, Cengiz, Celikler e Temelsu dalla Turchia.
Siccome la Turchia difettava dei mezzi finanziari per pagare “upfront “ i costi, le aziende austriache, tedesche e svizzere, per minimizzare il loro rischio, hanno fatto domanda per la copertura di rischio dell'esportazione dalle loro agenzie nazionali di credito all'esportazione (ECAS) (€ 450 milioni – 2005).
In più, la banca riservata europea DekaBank (GER), la Banca Austria Creditanstalt (A), Unicredit (Italia) e Société Générale (F), insieme al turco Akbank e Garantibank, hanno firmato il finanziamento necessario nell'agosto 2007 (Die Presse, 2007).
Il governo turco ha sicuramente beneficiato di un gradiente di fiducia insperato che ha fatto ben sperare coloro i quali desideravano piazzare al più presto i loro finanziamenti , non permettendo però di fare una corretta valutazione degli effettivi costi e benefici. Oltretutto, come è noto, vi è una valenza strategica nel progetto che andrebbe a diminuire di più del cinquanta per cento (54%) l’afflusso continuo di acque del fiume Tigris verso zone fortemente in debito idrico quali la Siria e la bassa Mesopotamia. Ma evidentemente quello che per la logica costituirebbe un motivo di forza, per la politica militare diventa una debolezza, in quanto è ancora troppo forte il desiderio di condizionare i vicini governi arabi alla governance internazionale.
Le grandi dighe precedenti costruite in seno al GAP sono state segnalate per avere comportato , in prevalenza, conseguenze negative sulla popolazione locale con cambiamento delle tradizioni culturali tradizionali che, nel sud-est curdo rivestono importanti funzioni organizzative e religiose (Assoc. “Iniziativa per mantenere Hasankeyf vivo “ , 2006). Un sommario delle preoccupazioni espresse puo’ essere il seguente:
- spostamento del bacino idrico di Ilisu con consguente sommersione di 199 villaggi; questo fatto includerebbe anche la città di Hasankeyf, con 3700 abitanti e quattro più piccole città.
- revisioni su quanta gente dovrebbe essere spostata varianti da 12.000 (DSI, 2005) a 78.000 in uno studio dell’ufficio tecnico Kudat (2006) della FMI.
- lacune nelle leggi turche sull'espropriazione e sul riassestamento ed i documenti di progetto non congrui con i parametri europei, non permettono il piano d'azione di riassestamento (RAP).
Tra l’altro, viene segnalata la situazione già verificata con i precedenti insediamenti del GAP che hanno portato ad un impoverimento della popolazione dovuto al mancato inserimento nel nuovo assetto sociale non compreso e non condiviso dagli abitanti.
La zona del bacino idrico previsto di Ilisu è prossima, o direttamente sovrastante, le centinaia di luoghi archaeologici, per la maggior parte inesplorati (IEG, 2005).
UNA EMERGENZA PARTICOLARE: LA CITTA’ DI HASANKEYF
La diga inoltre sommergerebbe la città antica di Hasankeyf, un posto di importanza particolare per la regione e oltre, poichè è uno dei pochi posti nel mondo che è stato abitato senza interruzione fra 9000 e 12.000 anni (Ahunbay e Balkiz, 2009). I resti di oltre venti culture possono essere trovati in questa città (Schmidinger, n.d.) . Dai primi insediamenti risalenti all’8.000 a.C. , legati alle antichissime stanzialità agricole e alle prime costruzioni in terra e pietra, alla civiltà di Catal Huyuk, agli Hittiti, ai Parti, ai Persiani, ai Greci e via di seguito fino agli Arabi e ai Turchi Ottomani. Secoli e secoli di storia che ancora devono dire molto, vista la parzialità degli studi e l’ampiezza dell’area in discussione (Bischoff e Pérouse, 2003) .
Anche per il governo turco si tratta di un “bir azlan regiz” un sito di primario interesse che, infatti, ha provocato frizioni anche all’interno della stessa compagine ministeriale in quanto, spessissimo, è stata fatta prevalere la parte turistico-storica su quella strumentale-idrica.
Tuttavia in data 4 ottobre 2006, (ricerca. Il no. 717) il progetto della diga è stato considerato indispensabile e non più dilazionabile. Evidente risultato di tutta una serie di pressioni che, come già detto, non riguardano solo l’interno dello Stato Turco ma, sicuramente, anche gli equilibri internazionali. Sempre al 2006, ad esempio, viene assegnata definitivamente alla NATO la base militare aerea di Incirlik vicina al settore strategico di cui stiamo parlando.
Per fortuna, prima una presa di posizione fortemente negativa della FMI e poi della bamnca Europea nel 2008 ha bloccato la raccolta di finanziamenti finalizzati alla costruzione della diga poi, ed e’ storia di oggi, una decisione dalla corte amministrativa di Diyarbakir del febbraio 2010 (Radikal, 2010), ha stabilito che “ non ci potevano essere basi giuridiche sufficienti per l'inondazione e la rilocazione sia dei villaggi sia del sito storico di Hasankeyf”.
Ora speriamo che la pressione nazionale turco-curda insieme a quella internazionale continui in modo da favorire uno sviluppo più aderente a quelle che sono le caratteristiche di quel martoriato territorio.