lunedì 18 ottobre 2010

Primo report da Diyarbakir

Siamo a Diyarbakir.


Alle 8 del mattino andiamo verso il tribunale e subito, all’imbocco di quella strada, un blindato e un pulman carico di poliziotti fanno bella mostra di sé. Il palazzo di giustizia appare completamente transennato, con i poliziotti schierati a 2-3 metri l’uno dall’altro. Di fronte due camion cisterna e altri 4 pulman carichi di poliziotti. Alla sinistra due plotoni di militari in tenuta antisommossa e altri mezzi blindati. Sugli altri lati continua il cordone di sicurezza e tutti gli ingressi e gli spazi interni del tribunale sono presidiati da centinaia di altri poliziotti.Un migliaio di persone attendono pazientemente di vedere quello che succederà fin dalle prime battute e molti provano ad entrare nell’area del tribunale ma vengono respinti.
Un dirigente del BDP chiama i primi osservatori che potranno entrare (a noi toccherà domani) mentre un elicottero militare sorvola l’area. E’ Medeni Kirici che fu anch’esso arrestato 4 anni fa a Bingöl e condannato ad un anno di carcere (che ha scontato) perché durante un comizio aveva menzionato Ocalan chiamandolo Mister, termine ritenuto troppo onorevole dagli inquirenti.

Arrivano i pulman dei prigionieri. Dalle piccole aperture in alto, che non si possono chiamare finestrini date le misure, si vedono le mani alzate nel segno della V, il segno della resistenza. Altri blindati scortano i pulman e mentre questi vengono introdotti nella parte retrostante, i primi restano fuori minacciosi. Arrivano Selim Sadak, già compagno di carcere di Leyla Zana, premio Sakarov per la pace. Poi arriva Demirtaş, il presidente nazionale del BDP, e con lui la co-presidente Gülten Kisanak e altri dirigenti. Poi é la volta di Osman Baydemir, il sindaco di Diyarbakir, che arriva assieme a Leyla Zana. C’é anche Akin Birdal e Hamit Geylani, ora entrambi parlamentari. E’ presente anche la ex “parlamentare europea” kurda eletta in Germania, Feleknas Uca.
Dentro, il largo corridoio conterrà centinaia di persone tenute però ben distanti dalla sala dell’udienza. La polizia controlla che non vengano superati i limiti consentiti. Un poliziotto urla, senza megafono, le sue richieste d’ordine ma chi parla col vicino (e tutti lo fanno) urla a sua volta più forte per farsi sentire. Il risultato è una gran baraonda e in quel rumore si attende. Ma quella sala di un’ottantina di posti non può contenere tutti e i più restano fuori.
All’esterno, intanto, si è radunata una folla di molte migliaia di persone che riempie la piazza davanti alla Municipalità posta a fianco del Tribunale, e invade anche la strada a due larghe corsie separate da vaste aiuole di prato e fiori. Ma slogans e canzoni sembrano dare molto fastidio, dato che la polizia, a questo punto, accenna ad intervenire. Infatti i poliziotti indossano i caschi e in pieno assetto d’attacco si schierano di fronte alla folla con un mezzo blindato dietro la prima fila. Decidiamo in fretta e ci precipitiamo per attuare una azione di interposizione pacifica. Rivolgiamo il nostro striscione colorato della pace e con la scritta ‘Liberi tutti’ verso i poliziotti che avanzavano e davanti ai primi manifestanti. Segue una lunga discussione con i loro dirigenti che insistono nel volerci allontanare mentre noi rispondiamo di non potere perchè siamo lì per la pace, per contribuire ad evitare incidenti. Sono minuti inteminabili ma alla fine la polizia desiste ed il blindato arretra. Quindi parte un
lungo applauso e poi con i Kurdi si canta ‘Bella Ciao’. Per ora si è vinto. Ma dopo un pò viene fatta richiesta di lasciare libero il traffico per consentire il passaggio delle ambulanze. In realtà la polizia aveva fatto avanzare le auto che all’imbocco della strada venivano prima dirottate in altre direzioni. In testa è apparso un pulmino il cui conducente asserisce di dover andare verso un ospedale, anche se sul mezzo non sembra vi siano persone sofferenti. La scusa è vecchia ma è sempre buona. E poi abbiamo già incassato un ottimo risultato. I nostri amici kurdi decidono di lasciare libero il traffico in una corsia della strada e la folla si assiepa sui larghi marciapiedi, sulla piazza e sulla rimanente corsia. Così anche il comandante della polizia incasserà un risultato utile, pensiamo, e non perderà completamente la faccia con i suoi superiori. Si va avanti così e fra la gente, nel punto più interno, spuntano anche le bandiere con i simboli del PKK e il volto di Öcalan portato da applauditissimi ragazzi con il volto prudentemente coperto. Sembra tutto procedere nel migliore dei modi e la mobilitazione popolare appare vincente quando un’auto scura e di grossa cilindrata passa a velocità elevata sfiorando le
persone che devono attraversare e stanno ai bordi della corsia libera.
E’ però costretta a fermarsi al semaforo sucessivo, bloccato da altre auto in attesa del verde. Qui viene raggiunta da almeno cento, forse duecento persone, che in breve le provacano seri danni prima che riesca ad allontanarsi. La provocazione scalda gli animi dei più giovani che tentano di occupare l’intera carreggiata, prima lasciata libera, sotto gli occhi minacciosi della polizia. I più grandi intervengono e i
giovani vengono dissuasi. I più aggressivi fra i poliziotti fremono ma anche questa volta restano senza vittime.