sabato 18 ottobre 2008

Attacco a Öcalan nel carcere di Imrali



Secondo le dichiarazioni dell'avvocato Asrin Hukuk Burosu dell'ufficio di difesa del leader kurdo Abdullah Öcalan che da nove anni è in stato di detenzione in isolamento sull'isola prigione di Imrali, il leader kurdo viene colpito fisicamente dal personale di guardia. L'ufficio di difesa ha rilasciato la seguente dichiarazione: „Il nostro assistito è da nove in isolamento, in qualità di unico prigioniero sull'isola prigione di Imrali e vive terribili condizioni di detenzione. Negli ultimi cinque anni molto spesso è stato spedito nella cella bunker. Si tratta di una cella nella cella. Oltre a questi trattamenti disumani e contrari ad ogni norma di legge la scorsa settimana è stato oggetto di attacco fisico e di maltrattementi.




E ancora:

La sua cella, con il pretesto di una perquisizione è stata letteralmente fatta a pezzi. Di fronte alle sue rimostranze la risposta è stata: „ Stai zitto, non devi parlare, tu non hai il diritto di parlare." E' stato afferrato da due funzionari e condotto in un'altra cella. Uno degli impiegati colpendolo alla schiena lo ha fatto cadere. Il nostro assistito ha risposto che è meglio la morte che i maltrattamenti. A quel punto le minacce si sono fatte più insistenti e uno dei funzionari gli ha detto: „non ti preoccupare la morte verrà, verrà".


Come nell'82 nella prigione di Diyarbakir

Nella dichiarazione del difensore di Abdullah Ocalan si legge: „ E' senza dubbio questo accadimento, che succede per la prima volta in nove anni di detenzione da ritenere un trattamento disumano. Riteniamo che l'attacco fisico contro il nostro assistito non sia un caso, anzi è da mettere in relazione con l'escalation che sta avvenendo in Turchia. Non è un caso che recentemente il personale di guardia del carcere di Imrali sia stato sostituito. Siamo convinti che quello che sta succedendo non è una iniziativa del personale di guardia del carcere, ma che gli ordini vengono da fuori.

Lo status giuridico del carcere di Imrali come pure tutte le norme amministrative che lo regolano non dipendono dal Ministero della Giustizia bensì dalla cosiddetta „unità di crisi", che a sua volte dipende dallo Stato Maggiore del Consiglio di Sicurezza Nazionale e dunque dall'Ufficio della Presidenza del Consiglio. Quello che sta accadendo , lo si deve dunque al Presidente del Consiglio. Somiglia ai fatti avvenuti nella prigione di Diyarbakir nel 1982. I responsabili devono essere individuati. Inoltre il nostro assistito ha dichiarato che egli di fronte a queste provocazioni farà appello alla sua ragione. „ E' chiaro che si tratti di provocazioni. Non accetterò queste provocazioni per il senso di responsabilità che mi obbliga e mi lega al mio popolo. E' evidente e tutti devono venirne a conoscenza che lo Stato è responsabilie di questi accadimenti."


Inoltre vogliamo precisare che questi accadimenti non avvengono senza la luce verde ossia senza l'autorizzazione dello Stato Maggiore del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Ne consegue che lo Stato è senza dubbio il responsabile di tutto questo. Chiediamo allo Stato di assumere una chiara posizione e di far luce sui responsabili.



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