Ilyas Erdem è il nuovo presidente
dell’associazione profughi, Goc Der, di Istanbul, mentre il
precedente dirigente dell’associazione è in carcere.
Oggi hanno celebrato l’11° Congresso
di Goc Der: la sede è piena di militanti.
Ovviamente, la discussione non poteva
che partire dalla vicenda degli scioperanti della fame.
“Il processo KCK – ci dice – è
stato un ‘genocidio’ politico per i dirigenti e i militanti
kurdi. Molte persone sono state arrestate con accuse generiche e
parecchie sono ancora in carcere, in attesa di processo.
Dall’altra parte, c’è poi una
guerra in corso che non vede la fine, muoiono molti guerriglieri e
soldati negli scontri quasi quotidiani.
Era in atto un percorso di pace, con le
trattative di Oslo, un processo arrivato ad un buon punto, che poi è
stato bruscamente interrotto per volontà dello Stato turco, e da lì
sono cominciati gli arresti.
Il 12 settembre, circa 700 detenuti
politici, sparsi in 72 carceri, hanno iniziato uno sciopero della
fame ad oltranza; dal 5 novembre, i detenuti in sciopero della fame
erano diventati 10 mila.
Anche il partito BDP si è unito
simbolicamente agli scioperanti, proclamando due giorni di sciopero
della fame, il 17 e il 18 novembre, sciopero che è stato interrotto
il 18 alle ore 12.00, dopo l’appello di Ocalan.
Una grande rete di solidarietà si è
attivata fuori dalle carceri, in Turchia, ma anche in Europa, dove
kurdi e militanti di associazioni solidali e internazionaliste, hanno
avviato scioperi della fame ‘a staffetta’, di uno, due o tre
giorni.
Tre richieste stavano alla base della
lotta dei detenuti politici kurdi:
- il diritto all’insegnamento nella lingua materna, il kurdo;
- il riconoscimento del diritto di difesa nei tribunali in lingua kurda;
- la fine dell’isolamento carcerario per il leader kurdo Abdullah Ocalan, che dal 27 luglio 2011 non aveva più potuto incontrare né i propri famigliari, né gli avvocati del Collegio di difesa.
Delle tre richieste, di certo è stata
accettata la proposta del diritto di difesa in lingua kurda, che è
stata approvata da due Commissioni parlamentari, ma non è stata
ancora approvata dal Parlamento e, di conseguenza, trasformata in
legge; mentre sul diritto all’insegnamento della lingua kurda, c’è
l’impegno del Governo ad avviare un percorso di discussione; sulla
fine dell’isolamento carcerario di Ocalan, non si sa che tipo di
accordo sia stato raggiunto, ma è certamente significativo che il
fratello, Mehmet Ocalan, l’abbia potuto visitare in carcere, ad
Imrali, dopo diciotto mesi di totale impedimento.
Un uomo anziano, baffi e capelli
bianchi, presente alla riunione, interviene dicendo che ‘forse
Ocalan ha voluto interrompere lo sciopero della fame per un problema
umanitario; il primo gruppo di detenuti era arrivato al
sessantottesimo giorno di sciopero della fame, e, qualora, fossero
uscite le prime bare dalle prigioni, sarebbe scoppiata una rivolta in
tutto il Paese’.
Una donna interviene subito dopo,
portando la sua opinione. Ci dice: ‘lo sciopero della fame è stato
interrotto, ma la lotta continua, non si ferma’!”
Sull’attività specifica del Goc Der
ci dicono che, tre mesi fa, a Sirnak e a Beytussebap, ancora cinque
villaggi sono stati evacuati dall’esercito e gli abitanti sono
stati costretti a trasferirsi nei sobborghi della città di Sirnak; a
volte, il governo decreta intere zone come aree militari, per cui i
contadini e gli allevatori sono costretti a trasferirsi, anche per
periodi molto lunghi – alcuni mesi – in altre zone, abbandonando
le loro case.
Molte persone sono anche vittime delle
mine, rimangono ferite o muoiono.
Il governo vieta l’accesso ai pascoli
di alta montagna.
Nessuno può far ritorno ai propri
villaggi, perché distrutti e insicuri.
Chi è diventato profugo nelle grandi
città, come Istanbul, Ankara, Smirne, conduce una vita miserabile
rispetto a prima. Si arrabatta con piccoli lavoretti saltuari nel
campo del tessile, delle costruzioni e del commercio, subisce
violenze e discriminazioni.
La miseria e la povertà sono
terribili..
Molte famiglie tengono a casa da scuola
i figli e li mandano a lavorare per arrotondare i già magri salari.
19 novembre 2012 – visita al
Centro sanitario per migranti del Quartiere Kunkapi di Istanbul.
Quartiere Kunkapì.
Si tratta di un antico quartiere, di
circa 2 mila abitanti, originariamente abitato da armeni, cristiani e
greci, oggi dai migranti africani provenienti da Nigeria, Costa
d’Avorio, Somalia, ma anche da armeni, kazachi, iraniani, iracheni,
kurdi.
Ci è stato illustrato il Progetto del
Centro socio-sanitario finanziato dai Medici del mondo francesi,
dalle associazioni: Verso il Kurdistan, Verso la Mesopotamia e dai
Medici del Mondo francesi, con la supervisione di Tohav.
Questo almeno fino al termine del
corrente anno, perché poi il Progetto dovrà rendersi autonomo,
anche a seguito dell’uscita di Tohav dal progetto.
Intanto, per quanto ci riguarda, stiamo
per avviare la Campagna “Arance di Natale… arance per la vita”,
i cui proventi dovranno contribuire a finanziare questo progetto
nella misura del 50%, essendo l’altra parte destinata a finanziare
le medicine prescritte dal medico al Centro Sanitario di Sirn
19 novembre 2012 – incontro con i
giornalisti di Ozgur Gunden, Zana Kzyz e Ozgur Gullu
Ozgur Gundem è il giornale filokurdo,
scritto in turco.
La capo redattrice è Eren Keskin, già
presidente dell’IHD di Istanbul, l’associazione dei diritti
umani.
Ozgur Gundem vende in Turchia circa 19
– 20 mila copie.
Negli anni ’90, il giornale è stato
chiuso dalle autorità turche ben 52 volte e per 26 volte ha cambiato
il proprio nome.
76 sono i giornalisti che hanno pagato
con la vita, la propria scelta di raccontare l’oppressione e le
violenze dello Stato turco verso il popolo kurdo.
Sono più di 30 i giornalisti che
lavorano per la testata kurda.
Adesso 25 di loro sono in carcere,
compresa la ex capo redattrice, Yuksel Genc, ma il giornale continua
ad uscire regolarmente.
Il 20 dicembre 2011, tutti i
giornalisti sono stati arrestati, ma l’indomani il giornale è
uscito comunque.
Non ci vuole nulla per finire agli
arresti: a volte, basta una semplice conferenza stampa!
In totale, tra gli arresti effettuati
nella redazione di Ozgur Gundem, in quelli di Azadya Welat (“Paese
libero”, scritto in kurdo) e presso l’agenzia Dicle, si arriva ad
un totale di circa 90 giornalisti incarcerati.
Ozgur Gundem si è sempre
contraddistinto per le denunce puntuali e precise, come, ad esempio,
è avvenuto per il massacro di Roboski: mentre il giornale denunciava
tempestivamente il massacro, la stampa turca attendeva venti ore per
uscire con la notizia!
Arriviamo a parlare dello sciopero
della fame dei detenuti politici.
Ci dicono che, mentre nei primi giorni
lo sciopero era quasi del tutto ignorato, nei giorni successivi, c’è
stata una forte attenzione dell’opinione pubblica e dei media.
Quasi ogni giorno, la gente scendeva in
strada a manifestare; nelle città kurde, la vita si è fermata:
negozi ed attività chiuse.
Ad un certo punto, il governo ha avuto
paura, paura che con le prime morti sarebbero nate rivolte e scontri
nelle città.
Per questo, abbandonati i toni duri e
di sfida dei primi giorni, il governo ha accettato di incontrarsi –
tramite propri emissari - con Abdullah Ocalan: solo lui era in grado
di fermare il massacro che si stava profilando!
Il governo ha preparato una legge per
il diritto di difesa in tribunale degli imputati in lingua kurda; ha
istituito un corso facoltativo di lingua kurda nelle scuole, che però
ha trovato l’opposizione degli stessi kurdi, per la pochezza della
proposta.
Con la lotta dei detenuti politici in
sciopero della fame, si è aperta una porta, uno spiraglio per un
nuovo percorso di pace.
In merito alla vicenda siriana, i
giornalisti di Ozgur, rispondendo ad una nostra domanda, ci hanno
detto che a Serekani, vicino a Nusaybin, dalla parte siriana, nella
zona semiautonoma controllata dai kurdi, la Turchia sta infiltrando
mercenari e forze dell’Esercito libero siriano, in funzione
antikurda.
C’è il rischio concreto che si
accenda un nuovo fronte di guerra, questa volta antikurdo.
I kurdi continuano a ripetere a tutti
coloro che li interpellono: noi non stiamo né con Assad, né con le
altre opposizionì, ma siamo per un percorso che riconosca
un’autonomia democratica in Siria e in tutto il Medio Oriente.
Attualmente, l’opposizione kurda è
così suddivisa: il Pyd controlla l’80% dell’area liberata,
mentre il restante è in mano al PDK iracheno.
“Noi non abbiamo paura, veniamo da
una tradizione di forte resistenza”, ci salutano sorridendo i
coraggiosi giornalisti di Ozgur Gundem,
19 novembre 2012 – incontro con
l’associazione dei diritti umani di Istanbul, IHD
All’incontro, erano presenti Umit
Efe, presidente, e Riza Dalkilig, vice-presidente.
Subito ci parlano della lotta, appena
conclusa, dei detenuti in sciopero della fame.
“Nelle carceri turche – ci dicono –
per tre volte c’è stato lo sciopero della fame dei detenuti: nel
1980, abbiamo avuto 4 morti; nel 1996, i morti sono stati 12; nel
2000, ci sono stati 122 morti e 500 detenuti hanno riportato danni
irreversibili. Quest’ultimo sciopero è durato ben sette anni.
Tutti questi tre scioperi della fame
sono stati organizzati dalla sinistra turca e le motivazioni erano da
ricercare nelle cattive condizioni carcerarie e nell’opposizione
alle celle d’isolamento di tipo F.
Il più grave è stato lo sciopero
della fame del duemila, perché allora il governo ha attaccato con
bombe al fosforo 21 carceri e, nel corso dell’assalto, sono morti
30 detenuti e 2 poliziotti.
Lo sciopero appena concluso è stato
fatto, invece, dai detenuti politici kurdi, era uno sciopero politico
e richiedeva risposte rispetto alle tradizionali rivendicazioni
kurde. E’ stato il primo sciopero della fame, organizzato con
questa estensione nelle carceri, dal movimento kurdo.
Per quale motivo, i detenuti politici
kurdi hanno organizzato questo sciopero della fame?
Negli ultimi anni, il movimento kurdo
non ha trovato sbocchi alle proprie rivendicazioni. E la situazione è
andata via via peggiorando: dal 2009, sono stati tradotti in carcere
circa 10 mila kurdi, a differenti ondate, prima i sindaci, poi i
deputati, i giornalisti, trentaquattro avvocati del collegio di
difesa di Ocalan, amministratori e semplici militanti.
Anche i difensori dei diritti umani
sono stati arrestati: ben 22 dirigenti!
Gli arresti avvenivano regolarmente due
volte la settimana, al martedì e al venerdì.
Il crimine di queste persone era quello
di chiedere la fine della guerra, la pace e la democrazia.
La differenza tra chi stava dentro e
chi stava ancora in libertà, era molto labile, essendosi instaurato
nel Paese un clima fortemente repressivo.
Anche al leader del Pkk, Abdullah
Ocalan, è stato riservato un trattamento speciale: per 18 mesi, dal
27 luglio 2011, è stato sottoposto ad un grave isolamento, non ha
più potuto incontrare né parenti, né avvocati.
A questa stretta repressiva contro
tutto il popolo kurdo, i carcerati hanno reagito proclamando lo
sciopero della fame.
Iniziato il 12 settembre, lo sciopero
ha coinvolto circa 700 detenuti, è durato 68 giorni, ed ha avuto
l’indubbio merito di attirare l’attenzione dell’opinione
pubblica sulla situazione carceraria in Turchia, creando una grande
rete di solidarietà tra chi stava dentro e chi stava fuori le
prigioni.
Tre erano le domande che ponevano i
detenuti:
- La fine dell’isolamento carcerario per Abdullah Ocalan e la ripresa delle trattative di pace;
- il diritto all’insegnamento nella lingua kurda;
- il diritto di difesa dei detenuti, in tribunale, nella lingua kurda.
Ora sembra che lo Stato abbia preparato
una bozza di legge per la difesa nella lingua kurda, ma la riteniamo
insufficiente.
Sul diritto all’insegnamento nella
lingua kurda, non ci sono novità di rilievo.
Sulla fine dell’isolamento carcerario
di Ocalan, questo deve diventare il punto fermo per l’avvio di un
percorso di pace.
Il popolo kurdo si è dimostrato molto
determinato ed io credo che alla fine avrà la propria libertà,
nonostante il clima negativo e xenofobo che regna in Turchia”.
Per finire, il Presidente ci racconta
di una discussione sentita su un autobus tra due fidanzati, un
ragazzo turco ed una ragazza kurda, che rende bene il clima
nazionalista che si respira in Turchia. Il ragazzo si rivolge alla
ragazza e le dice: “Se io adesso dicessi che tu sei del Pkk, la
gente ti ucciderebbe”. La ragazza sbianca in viso e ammutolisce.
Da oggi, il sito dell’IHD di Istanbul
risulta bloccato.
19 novembre 2012 – incontro con la
Tayad
Incontriamo i rappresentanti della
Tayad nella loro sede, nel quartiere di Sisli, ad Istanbul.
Tayad, l’associazione dei detenuti
politici della sinistra turca, è stata la prima associazione nata
nel 1986, dopo il colpo di stato militare dell’80.
Ci raccontano degli scioperi della fame
organizzati nelle carceri negli anni passati.
Ci parlano delle dure condizioni di
isolamento delle carceri di tipo F.
“Ultimamente – ci dicono – le
direzioni carcerarie negano ai detenuti che finiscono di scontare la
loro pena, la libertà. Utilizzano sempre nuovi pretesti, s’inventano
sciocchezze, per prolungare la loro detenzione.
L’obiettivo è quello di aggravare
l’isolamento, determinare in loro rassegnazione e prostazione”.
Domandiamo cosa ne pensano dello
sciopero della fame organizzato dai detenuti politici kurdi.
“ E’ la prima volta che questo
succede – ci dicono – Oggi è cambiato tutto. Loro hanno ragione,
le loro richieste sono legittime, anche se i risultati non sono
soddisfacenti: possono esercitare il diritto alla difesa in kurdo,
solo nel corso dell’ultima udienza; inoltre, qualsiasi cittadino
potrebbe impugnare questa legge con la motivazione che un cittadino
turco non può difendersi in altra lingua che non sia il turco e, per
questa via, potrebbe chiedere l’abolizione della legge perché
contraria all’attuale Costituzione turca”.
Infine, ci manifestano il loro
pessimismo sulla possibilità della ricerca, in Turchia, di una
soluzione democratica, alla questione kurda.
20 novembre – partecipazione al
presidio organizzato dalla sinistra turca davanti all’Università
di Istanbul
Davanti all’Università di Istanbul,
abbiamo incontrato il gruppo di studenti della sinistra turca che
aveva organizzato un presidio permanente con digiuno, per rivendicare
il diritto all’istruzione gratuita e la liberazione dei compagni
arrestati.
Pochi cartelli appesi alle inferriate,
la tenda che avevano innalzato, è stata smontata dalla polizia;
anzi, ogni volta che la tenda veniva montata, la polizia interveniva
caricando e lanciando gas lacrimogeni, un particolare tipo di gas,
urticante e appiccicoso sulla pelle, in grado di provocare scottature
sul corpo che duravano giorni.
Un totale di 10 cariche in 7 giorni!
Alle 12.00, hanno tenuto una conferenza
stampa, hanno fatto un sit-in urlando slogan e cantando canzoni,
hanno simbolicamente montato una tenda e innalzato uno striscione,
poi, dopo le 14.00, il presidio si è sciolto perché era stato
deciso un concentramento davanti al carcere dove stavano rinchiusi i
compagni arrestati.
Non mancava, un imponente schieramento
di polizia in tenuta antisommossa, che però non è intervenuta.
20 novembre 2012 – incontro con
l’associazione dei famigliari dei detenuti politici di Istanbul,
Tuad Der
Nella sede dell’associazione,
incontriamo il presidente, Faysal Karademir, e l’avvocato che ha
seguito la vicenda dei detenuti politici in sciopero della fame,
Sinan Zincir.
“Ora è iniziata una fase nuova –
ci dice l’avvocato – Fuori dal carcere, intellettuali, artisti,
società civile hanno solidarizzato con i detenuti in sciopero.
Lo sciopero della fame nelle carceri è
durato 68 giorni. Adesso tocca a quelli che stanno fuori continuare
la lotta.
Anche la stampa turca, ha messo in
risalto il volto pacifista e democratico di Abdullah Ocalan”.
Riguardo alle condizioni fisiche e
psichiche dei detenuti che hanno terminato lo sciopero della fame, ci
dicono che, per quanto riguarda il 1° gruppo – quello che ha
iniziato lo sciopero nel carcere di Bolu di Istanbul, il 12 settembre
– è stata fatta molta pressione, affinchè fossero tutti
ricoverati in ospedale, ma i sanitari ne hanno accettato solamente
otto di loro; altri quarantadue sono stati rimandati in carcere.
“Sarà il medico del carcere che si
occuperà di loro – ci dice l’avvocato – ma i detenuti non si
fidano del medico”.
Dopo lo sciopero della fame, la cura,
l’alimentazione e la dieta sono molto importanti, ma incontriamo
ostacoli che frappone la direzione carceraria.
I detenuti hanno chiesto la vitamina
B1, ma la direzione del carcere ha detto che non c’è. Al posto
della B1, hanno dato la vitamina B6 e B12.
“Noi pensiamo che il governo, tramite
i suoi emissari – ci dicono – abbia incontrato Abdullah Ocalan in
carcere ed abbia concordato un percorso di negoziati. Anche il
Ministro della Giustizia, Sadullah Ergin, ha parlato pubblicamente
di ripresa delle trattative con Ocalan”.
Resta il fatto che i risultati
conseguiti all’indomani della conclusione dello sciopero della
fame, sono scarsi: la legge sul diritto di difesa in lingua kurda è
passata in commissione al Parlamento, ma contiene grossi limiti: i
kurdi devono pagarsi l’interprete e possono utilizzare la lingua
madre solo nella fase finale del processo.
L’isolamento di Ocalan continua
tuttora, agli avvocati è stata negata l’autorizzazione per recarsi
all’isola di Imrali a trovare il proprio assistito.
I kurdi troveranno altri metodi per
lottare contro l’isolamento di Ocalan e per il riconoscimento dei
propri diritti.
Il BDP aumenterà le iniziative di
lotta e di mobilitazione nelle grandi città.
21 novembre 2012 – incontro
con Zubeyde Zumrut del partito filokurdo, BDP di Diyarbakir
Zubeyde introduce la riunione
parlandoci della manifestazione che i kurdi organizzano ogni giovedì
alle 12.00 davanti al Municipio di Kayapinar – lo chiamano giovedì
nero - una delle sei sottomunicipalità di Diyarbakir, per
protestare contro l’arresto del Sindaco, Zulkuf Karatekin, avvenuto
tre anni addietro, nel 2009.
Ci invita a partecipare e a portare un
saluto della delegazione, invito che volentieri accettiamo.
Parliamo della fase che si sta aprendo,
all’indomani della conclusione dello sciopero della fame.
Ci dice che il BDP riprenderà la lotta
fuori dalle carceri.
“Sarà una lotta dura e determinata,
ma non violenta – precisa Zubeyde – Noi kurdi, negli anni,
abbiamo cambiato i metodi di lotta, i turchi, al contrario, hanno
modificato molto poco.
Oggi, sta in carcere gran parte del
gruppo dirigente del BDP.
Ma questo non significa che siamo
sconfitti.
Ci sono 20-30 mila dirigenti del BDP,
come me, che sono incriminati, ma sono liberi, per cui possono
muoversi e lavorare liberamente.
Quella che è stata fatta, non è
un’operazione contro il KCK, come vorrebbero farci credere, ma è
contro il nostro partito BDP.
Erdogan deve avere il coraggio di
chiamarla con il proprio nome”.
Intervento della delegazione
italiana alla conferenza stampa organizzata davanti al Municipio di
Kayapinar per il “giovedì nero”
“Siamo qui a portarvi il nostro
saluto e la nostra solidarietà, in primo luogo alle donne e agli
uomini che hanno usato i loro corpi – unico potere che gli è stato
lasciato tra le mura di una prigione – per chiedere giustizia,
libertà e una vita dignitosa.
E’ il saluto di un’altra Europa che
vi portiamo, non quella dei governi, delle banche e della finanza che
affama i popoli, ma è il saluto dell’Europa dal basso, dell’Europa
dei popoli che chiede pace, giustizia e democrazia, per tutti voi e
per il mondo intero.
Voi siete un grande popolo che ha
sofferto molto in questo Paese, diventato una grande prigione a cielo
aperto.
Nelle carceri sono rinchiusi i
rappresentanti del popolo kurdo, del popolo più antico del Medio
Oriente.
Li voglio ricordare: 34 sindaci, 6
parlamentari, amministratori, dirigenti di ong, sindacalisti,
studenti ed intellettuali, oltre 2 mila bambini, il più alto numero
di giornalisti di qualsiasi altro Paese del mondo.
In una fredda cella, sta rinchiuso da
tre anni, il vostro sindaco, il sindaco di Kayapinar, Zulkuf
Karatekin.
Proprio perché avete sofferto molto e
venite da una grande stagione di resistenza, voi avete diritto alla
pace e alla libertà.
Dopo l’inverno arriva la primavera,
con i fiori e i colori di una nuova stagione.
Per questo, la pace che verrà dovrà
essere grande!
La vostra lotta ha molto da insegnarci.
Non vi lasceremo soli, non ci lascerete soli!”
Al termine della manifestazione, ecco
una buona notizia: venerdì 23 novembre sarà liberato il sindaco
della municipalità di Kayapinar!
Che sia servito a qualcosa il nostro
intervento?!
21 novembre 2012 – incontro con il
DTK , Congresso del popolo democratico
Introduce l’incontro Feridum Celik,
già sindaco di Diyarbakir dal 1999 al 2004.
Ci spiega che il DTK è stato fondato
ufficialmente nel 2007, ma è diventato effettivamente operativo nel
2011.
In poche parole, il DTK vuole essere
il “tetto” di tutti i partiti e movimenti, una sorta di
“parlamentino” della regione kurda.
L’obiettivo è quello della soluzione
democratica della questione kurda, unire sotto un unico tetto i vari
popoli della regione (kurdi, arabi, armeni, turcomanni, circassi,
aleviti, ecc.), creare l’autonomia regionale nell’area.
L’assemblea del DTK è composta da
101 membri permanenti.
850 sono i delegati votati nei
quartieri, nei villaggi e nelle città della regione.
La composizione di questi 850 elettori
è la seguente: 40% sono i rappresentanti dei partiti della regione
kurda; 40% sono rappresentanti del popolo; 20% sono i componenti
delle ong.
I partiti e le ong organizzano una
specie di congresso per inviare i propri rappresentanti in questo
“parlamento”, che rispetta la composizione etnica e politica
dell’area.
I membri permanenti dell’assemblea
vengono nominati il primo anno, poi votati. Sono suddivisi in 8
commissioni di lavoro sulle varie tematiche. 11 membri sono
incaricati del coordinamento esecutivo e del- applicazione delle
decisioni dell’assemblea del DTK.
Tutti i deputati e i sindaci della
regione sono presenti in questo “parlamento”.
Quello che si vuol costruire è una
democrazia radicale e partecipata.
Il governo non riconosce tutto questo.
Ad oggi, sui 101 componenti l’assemblea DTK, 25 sono stati
arrestati.
L’identità di questo “parlamento”
non è l’identità kurda, ma è il “parlamento” di tutta la
regione. Comprende tutti.
Il progetto di autonomia democratica
riguarda tutta la Turchia e tutto il Medio Oriente.