domenica 13 gennaio 2013




18.11.2012 – incontro con l’associazione profughi Goc Der di Istanbul



Ilyas Erdem è il nuovo presidente dell’associazione profughi, Goc Der, di Istanbul, mentre il precedente dirigente dell’associazione è in carcere.
Oggi hanno celebrato l’11° Congresso di Goc Der: la sede è piena di militanti.
Ovviamente, la discussione non poteva che partire dalla vicenda degli scioperanti della fame.
“Il processo KCK – ci dice – è stato un ‘genocidio’ politico per i dirigenti e i militanti kurdi. Molte persone sono state arrestate con accuse generiche e parecchie sono ancora in carcere, in attesa di processo.
Dall’altra parte, c’è poi una guerra in corso che non vede la fine, muoiono molti guerriglieri e soldati negli scontri quasi quotidiani.
Era in atto un percorso di pace, con le trattative di Oslo, un processo arrivato ad un buon punto, che poi è stato bruscamente interrotto per volontà dello Stato turco, e da lì sono cominciati gli arresti.

Il 12 settembre, circa 700 detenuti politici, sparsi in 72 carceri, hanno iniziato uno sciopero della fame ad oltranza; dal 5 novembre, i detenuti in sciopero della fame erano diventati 10 mila.
Anche il partito BDP si è unito simbolicamente agli scioperanti, proclamando due giorni di sciopero della fame, il 17 e il 18 novembre, sciopero che è stato interrotto il 18 alle ore 12.00, dopo l’appello di Ocalan.
Una grande rete di solidarietà si è attivata fuori dalle carceri, in Turchia, ma anche in Europa, dove kurdi e militanti di associazioni solidali e internazionaliste, hanno avviato scioperi della fame ‘a staffetta’, di uno, due o tre giorni.

Tre richieste stavano alla base della lotta dei detenuti politici kurdi:

  • il diritto all’insegnamento nella lingua materna, il kurdo;
  • il riconoscimento del diritto di difesa nei tribunali in lingua kurda;
  • la fine dell’isolamento carcerario per il leader kurdo Abdullah Ocalan, che dal 27 luglio 2011 non aveva più potuto incontrare né i propri famigliari, né gli avvocati del Collegio di difesa.

Delle tre richieste, di certo è stata accettata la proposta del diritto di difesa in lingua kurda, che è stata approvata da due Commissioni parlamentari, ma non è stata ancora approvata dal Parlamento e, di conseguenza, trasformata in legge; mentre sul diritto all’insegnamento della lingua kurda, c’è l’impegno del Governo ad avviare un percorso di discussione; sulla fine dell’isolamento carcerario di Ocalan, non si sa che tipo di accordo sia stato raggiunto, ma è certamente significativo che il fratello, Mehmet Ocalan, l’abbia potuto visitare in carcere, ad Imrali, dopo diciotto mesi di totale impedimento.

Un uomo anziano, baffi e capelli bianchi, presente alla riunione, interviene dicendo che ‘forse Ocalan ha voluto interrompere lo sciopero della fame per un problema umanitario; il primo gruppo di detenuti era arrivato al sessantottesimo giorno di sciopero della fame, e, qualora, fossero uscite le prime bare dalle prigioni, sarebbe scoppiata una rivolta in tutto il Paese’.

Una donna interviene subito dopo, portando la sua opinione. Ci dice: ‘lo sciopero della fame è stato interrotto, ma la lotta continua, non si ferma’!”

Sull’attività specifica del Goc Der ci dicono che, tre mesi fa, a Sirnak e a Beytussebap, ancora cinque villaggi sono stati evacuati dall’esercito e gli abitanti sono stati costretti a trasferirsi nei sobborghi della città di Sirnak; a volte, il governo decreta intere zone come aree militari, per cui i contadini e gli allevatori sono costretti a trasferirsi, anche per periodi molto lunghi – alcuni mesi – in altre zone, abbandonando le loro case.

Molte persone sono anche vittime delle mine, rimangono ferite o muoiono.

Il governo vieta l’accesso ai pascoli di alta montagna.

Nessuno può far ritorno ai propri villaggi, perché distrutti e insicuri.

Chi è diventato profugo nelle grandi città, come Istanbul, Ankara, Smirne, conduce una vita miserabile rispetto a prima. Si arrabatta con piccoli lavoretti saltuari nel campo del tessile, delle costruzioni e del commercio, subisce violenze e discriminazioni.
La miseria e la povertà sono terribili..
Molte famiglie tengono a casa da scuola i figli e li mandano a lavorare per arrotondare i già magri salari.

19 novembre 2012 – visita al Centro sanitario per migranti del Quartiere Kunkapi di Istanbul.

Quartiere Kunkapì.
Si tratta di un antico quartiere, di circa 2 mila abitanti, originariamente abitato da armeni, cristiani e greci, oggi dai migranti africani provenienti da Nigeria, Costa d’Avorio, Somalia, ma anche da armeni, kazachi, iraniani, iracheni, kurdi.

Ci è stato illustrato il Progetto del Centro socio-sanitario finanziato dai Medici del mondo francesi, dalle associazioni: Verso il Kurdistan, Verso la Mesopotamia e dai Medici del Mondo francesi, con la supervisione di Tohav.
Questo almeno fino al termine del corrente anno, perché poi il Progetto dovrà rendersi autonomo, anche a seguito dell’uscita di Tohav dal progetto.
Intanto, per quanto ci riguarda, stiamo per avviare la Campagna “Arance di Natale… arance per la vita”, i cui proventi dovranno contribuire a finanziare questo progetto nella misura del 50%, essendo l’altra parte destinata a finanziare le medicine prescritte dal medico al Centro Sanitario di Sirn


19 novembre 2012 – incontro con i giornalisti di Ozgur Gunden, Zana Kzyz e Ozgur Gullu


Ozgur Gundem è il giornale filokurdo, scritto in turco.
La capo redattrice è Eren Keskin, già presidente dell’IHD di Istanbul, l’associazione dei diritti umani.
Ozgur Gundem vende in Turchia circa 19 – 20 mila copie.
Negli anni ’90, il giornale è stato chiuso dalle autorità turche ben 52 volte e per 26 volte ha cambiato il proprio nome.
76 sono i giornalisti che hanno pagato con la vita, la propria scelta di raccontare l’oppressione e le violenze dello Stato turco verso il popolo kurdo.
Sono più di 30 i giornalisti che lavorano per la testata kurda.
Adesso 25 di loro sono in carcere, compresa la ex capo redattrice, Yuksel Genc, ma il giornale continua ad uscire regolarmente.
Il 20 dicembre 2011, tutti i giornalisti sono stati arrestati, ma l’indomani il giornale è uscito comunque.
Non ci vuole nulla per finire agli arresti: a volte, basta una semplice conferenza stampa!
In totale, tra gli arresti effettuati nella redazione di Ozgur Gundem, in quelli di Azadya Welat (“Paese libero”, scritto in kurdo) e presso l’agenzia Dicle, si arriva ad un totale di circa 90 giornalisti incarcerati.

Ozgur Gundem si è sempre contraddistinto per le denunce puntuali e precise, come, ad esempio, è avvenuto per il massacro di Roboski: mentre il giornale denunciava tempestivamente il massacro, la stampa turca attendeva venti ore per uscire con la notizia!

Arriviamo a parlare dello sciopero della fame dei detenuti politici.
Ci dicono che, mentre nei primi giorni lo sciopero era quasi del tutto ignorato, nei giorni successivi, c’è stata una forte attenzione dell’opinione pubblica e dei media.
Quasi ogni giorno, la gente scendeva in strada a manifestare; nelle città kurde, la vita si è fermata: negozi ed attività chiuse.

Ad un certo punto, il governo ha avuto paura, paura che con le prime morti sarebbero nate rivolte e scontri nelle città.
Per questo, abbandonati i toni duri e di sfida dei primi giorni, il governo ha accettato di incontrarsi – tramite propri emissari - con Abdullah Ocalan: solo lui era in grado di fermare il massacro che si stava profilando!

Il governo ha preparato una legge per il diritto di difesa in tribunale degli imputati in lingua kurda; ha istituito un corso facoltativo di lingua kurda nelle scuole, che però ha trovato l’opposizione degli stessi kurdi, per la pochezza della proposta.
Con la lotta dei detenuti politici in sciopero della fame, si è aperta una porta, uno spiraglio per un nuovo percorso di pace.

In merito alla vicenda siriana, i giornalisti di Ozgur, rispondendo ad una nostra domanda, ci hanno detto che a Serekani, vicino a Nusaybin, dalla parte siriana, nella zona semiautonoma controllata dai kurdi, la Turchia sta infiltrando mercenari e forze dell’Esercito libero siriano, in funzione antikurda.
C’è il rischio concreto che si accenda un nuovo fronte di guerra, questa volta antikurdo.
I kurdi continuano a ripetere a tutti coloro che li interpellono: noi non stiamo né con Assad, né con le altre opposizionì, ma siamo per un percorso che riconosca un’autonomia democratica in Siria e in tutto il Medio Oriente.

Attualmente, l’opposizione kurda è così suddivisa: il Pyd controlla l’80% dell’area liberata, mentre il restante è in mano al PDK iracheno.

“Noi non abbiamo paura, veniamo da una tradizione di forte resistenza”, ci salutano sorridendo i coraggiosi giornalisti di Ozgur Gundem,


19 novembre 2012 – incontro con l’associazione dei diritti umani di Istanbul, IHD

All’incontro, erano presenti Umit Efe, presidente, e Riza Dalkilig, vice-presidente.
Subito ci parlano della lotta, appena conclusa, dei detenuti in sciopero della fame.
“Nelle carceri turche – ci dicono – per tre volte c’è stato lo sciopero della fame dei detenuti: nel 1980, abbiamo avuto 4 morti; nel 1996, i morti sono stati 12; nel 2000, ci sono stati 122 morti e 500 detenuti hanno riportato danni irreversibili. Quest’ultimo sciopero è durato ben sette anni.
Tutti questi tre scioperi della fame sono stati organizzati dalla sinistra turca e le motivazioni erano da ricercare nelle cattive condizioni carcerarie e nell’opposizione alle celle d’isolamento di tipo F.
Il più grave è stato lo sciopero della fame del duemila, perché allora il governo ha attaccato con bombe al fosforo 21 carceri e, nel corso dell’assalto, sono morti 30 detenuti e 2 poliziotti.

Lo sciopero appena concluso è stato fatto, invece, dai detenuti politici kurdi, era uno sciopero politico e richiedeva risposte rispetto alle tradizionali rivendicazioni kurde. E’ stato il primo sciopero della fame, organizzato con questa estensione nelle carceri, dal movimento kurdo.
Per quale motivo, i detenuti politici kurdi hanno organizzato questo sciopero della fame?
Negli ultimi anni, il movimento kurdo non ha trovato sbocchi alle proprie rivendicazioni. E la situazione è andata via via peggiorando: dal 2009, sono stati tradotti in carcere circa 10 mila kurdi, a differenti ondate, prima i sindaci, poi i deputati, i giornalisti, trentaquattro avvocati del collegio di difesa di Ocalan, amministratori e semplici militanti.
Anche i difensori dei diritti umani sono stati arrestati: ben 22 dirigenti!
Gli arresti avvenivano regolarmente due volte la settimana, al martedì e al venerdì.
Il crimine di queste persone era quello di chiedere la fine della guerra, la pace e la democrazia.
La differenza tra chi stava dentro e chi stava ancora in libertà, era molto labile, essendosi instaurato nel Paese un clima fortemente repressivo.
Anche al leader del Pkk, Abdullah Ocalan, è stato riservato un trattamento speciale: per 18 mesi, dal 27 luglio 2011, è stato sottoposto ad un grave isolamento, non ha più potuto incontrare né parenti, né avvocati.
A questa stretta repressiva contro tutto il popolo kurdo, i carcerati hanno reagito proclamando lo sciopero della fame.

Iniziato il 12 settembre, lo sciopero ha coinvolto circa 700 detenuti, è durato 68 giorni, ed ha avuto l’indubbio merito di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla situazione carceraria in Turchia, creando una grande rete di solidarietà tra chi stava dentro e chi stava fuori le prigioni.

Tre erano le domande che ponevano i detenuti:

  • La fine dell’isolamento carcerario per Abdullah Ocalan e la ripresa delle trattative di pace;
  • il diritto all’insegnamento nella lingua kurda;
  • il diritto di difesa dei detenuti, in tribunale, nella lingua kurda.

Ora sembra che lo Stato abbia preparato una bozza di legge per la difesa nella lingua kurda, ma la riteniamo insufficiente.
Sul diritto all’insegnamento nella lingua kurda, non ci sono novità di rilievo.
Sulla fine dell’isolamento carcerario di Ocalan, questo deve diventare il punto fermo per l’avvio di un percorso di pace.

Il popolo kurdo si è dimostrato molto determinato ed io credo che alla fine avrà la propria libertà, nonostante il clima negativo e xenofobo che regna in Turchia”.

Per finire, il Presidente ci racconta di una discussione sentita su un autobus tra due fidanzati, un ragazzo turco ed una ragazza kurda, che rende bene il clima nazionalista che si respira in Turchia. Il ragazzo si rivolge alla ragazza e le dice: “Se io adesso dicessi che tu sei del Pkk, la gente ti ucciderebbe”. La ragazza sbianca in viso e ammutolisce.

Da oggi, il sito dell’IHD di Istanbul risulta bloccato.


19 novembre 2012 – incontro con la Tayad

Incontriamo i rappresentanti della Tayad nella loro sede, nel quartiere di Sisli, ad Istanbul.
Tayad, l’associazione dei detenuti politici della sinistra turca, è stata la prima associazione nata nel 1986, dopo il colpo di stato militare dell’80.
Ci raccontano degli scioperi della fame organizzati nelle carceri negli anni passati.
Ci parlano delle dure condizioni di isolamento delle carceri di tipo F.
“Ultimamente – ci dicono – le direzioni carcerarie negano ai detenuti che finiscono di scontare la loro pena, la libertà. Utilizzano sempre nuovi pretesti, s’inventano sciocchezze, per prolungare la loro detenzione.
L’obiettivo è quello di aggravare l’isolamento, determinare in loro rassegnazione e prostazione”.

Domandiamo cosa ne pensano dello sciopero della fame organizzato dai detenuti politici kurdi.
“ E’ la prima volta che questo succede – ci dicono – Oggi è cambiato tutto. Loro hanno ragione, le loro richieste sono legittime, anche se i risultati non sono soddisfacenti: possono esercitare il diritto alla difesa in kurdo, solo nel corso dell’ultima udienza; inoltre, qualsiasi cittadino potrebbe impugnare questa legge con la motivazione che un cittadino turco non può difendersi in altra lingua che non sia il turco e, per questa via, potrebbe chiedere l’abolizione della legge perché contraria all’attuale Costituzione turca”.

Infine, ci manifestano il loro pessimismo sulla possibilità della ricerca, in Turchia, di una soluzione democratica, alla questione kurda.


20 novembre – partecipazione al presidio organizzato dalla sinistra turca davanti all’Università di Istanbul

Davanti all’Università di Istanbul, abbiamo incontrato il gruppo di studenti della sinistra turca che aveva organizzato un presidio permanente con digiuno, per rivendicare il diritto all’istruzione gratuita e la liberazione dei compagni arrestati.

Pochi cartelli appesi alle inferriate, la tenda che avevano innalzato, è stata smontata dalla polizia; anzi, ogni volta che la tenda veniva montata, la polizia interveniva caricando e lanciando gas lacrimogeni, un particolare tipo di gas, urticante e appiccicoso sulla pelle, in grado di provocare scottature sul corpo che duravano giorni.
Un totale di 10 cariche in 7 giorni!

Alle 12.00, hanno tenuto una conferenza stampa, hanno fatto un sit-in urlando slogan e cantando canzoni, hanno simbolicamente montato una tenda e innalzato uno striscione, poi, dopo le 14.00, il presidio si è sciolto perché era stato deciso un concentramento davanti al carcere dove stavano rinchiusi i compagni arrestati.

Non mancava, un imponente schieramento di polizia in tenuta antisommossa, che però non è intervenuta.

20 novembre 2012 – incontro con l’associazione dei famigliari dei detenuti politici di Istanbul, Tuad Der


Nella sede dell’associazione, incontriamo il presidente, Faysal Karademir, e l’avvocato che ha seguito la vicenda dei detenuti politici in sciopero della fame, Sinan Zincir.

“Ora è iniziata una fase nuova – ci dice l’avvocato – Fuori dal carcere, intellettuali, artisti, società civile hanno solidarizzato con i detenuti in sciopero.
Lo sciopero della fame nelle carceri è durato 68 giorni. Adesso tocca a quelli che stanno fuori continuare la lotta.
Anche la stampa turca, ha messo in risalto il volto pacifista e democratico di Abdullah Ocalan”.

Riguardo alle condizioni fisiche e psichiche dei detenuti che hanno terminato lo sciopero della fame, ci dicono che, per quanto riguarda il 1° gruppo – quello che ha iniziato lo sciopero nel carcere di Bolu di Istanbul, il 12 settembre – è stata fatta molta pressione, affinchè fossero tutti ricoverati in ospedale, ma i sanitari ne hanno accettato solamente otto di loro; altri quarantadue sono stati rimandati in carcere.
“Sarà il medico del carcere che si occuperà di loro – ci dice l’avvocato – ma i detenuti non si fidano del medico”.

Dopo lo sciopero della fame, la cura, l’alimentazione e la dieta sono molto importanti, ma incontriamo ostacoli che frappone la direzione carceraria.
I detenuti hanno chiesto la vitamina B1, ma la direzione del carcere ha detto che non c’è. Al posto della B1, hanno dato la vitamina B6 e B12.

“Noi pensiamo che il governo, tramite i suoi emissari – ci dicono – abbia incontrato Abdullah Ocalan in carcere ed abbia concordato un percorso di negoziati. Anche il Ministro della Giustizia, Sadullah Ergin, ha parlato pubblicamente di ripresa delle trattative con Ocalan”.

Resta il fatto che i risultati conseguiti all’indomani della conclusione dello sciopero della fame, sono scarsi: la legge sul diritto di difesa in lingua kurda è passata in commissione al Parlamento, ma contiene grossi limiti: i kurdi devono pagarsi l’interprete e possono utilizzare la lingua madre solo nella fase finale del processo.
L’isolamento di Ocalan continua tuttora, agli avvocati è stata negata l’autorizzazione per recarsi all’isola di Imrali a trovare il proprio assistito.
I kurdi troveranno altri metodi per lottare contro l’isolamento di Ocalan e per il riconoscimento dei propri diritti.
Il BDP aumenterà le iniziative di lotta e di mobilitazione nelle grandi città.


21 novembre 2012incontro con Zubeyde Zumrut del partito filokurdo, BDP di Diyarbakir

Zubeyde introduce la riunione parlandoci della manifestazione che i kurdi organizzano ogni giovedì alle 12.00 davanti al Municipio di Kayapinar – lo chiamano giovedì nero - una delle sei sottomunicipalità di Diyarbakir, per protestare contro l’arresto del Sindaco, Zulkuf Karatekin, avvenuto tre anni addietro, nel 2009.
Ci invita a partecipare e a portare un saluto della delegazione, invito che volentieri accettiamo.

Parliamo della fase che si sta aprendo, all’indomani della conclusione dello sciopero della fame.
Ci dice che il BDP riprenderà la lotta fuori dalle carceri.
“Sarà una lotta dura e determinata, ma non violenta – precisa Zubeyde – Noi kurdi, negli anni, abbiamo cambiato i metodi di lotta, i turchi, al contrario, hanno modificato molto poco.
Oggi, sta in carcere gran parte del gruppo dirigente del BDP.
Ma questo non significa che siamo sconfitti.
Ci sono 20-30 mila dirigenti del BDP, come me, che sono incriminati, ma sono liberi, per cui possono muoversi e lavorare liberamente.
Quella che è stata fatta, non è un’operazione contro il KCK, come vorrebbero farci credere, ma è contro il nostro partito BDP.
Erdogan deve avere il coraggio di chiamarla con il proprio nome”.


Intervento della delegazione italiana alla conferenza stampa organizzata davanti al Municipio di Kayapinar per il “giovedì nero”

“Siamo qui a portarvi il nostro saluto e la nostra solidarietà, in primo luogo alle donne e agli uomini che hanno usato i loro corpi – unico potere che gli è stato lasciato tra le mura di una prigione – per chiedere giustizia, libertà e una vita dignitosa.

E’ il saluto di un’altra Europa che vi portiamo, non quella dei governi, delle banche e della finanza che affama i popoli, ma è il saluto dell’Europa dal basso, dell’Europa dei popoli che chiede pace, giustizia e democrazia, per tutti voi e per il mondo intero.

Voi siete un grande popolo che ha sofferto molto in questo Paese, diventato una grande prigione a cielo aperto.

Nelle carceri sono rinchiusi i rappresentanti del popolo kurdo, del popolo più antico del Medio Oriente.
Li voglio ricordare: 34 sindaci, 6 parlamentari, amministratori, dirigenti di ong, sindacalisti, studenti ed intellettuali, oltre 2 mila bambini, il più alto numero di giornalisti di qualsiasi altro Paese del mondo.
In una fredda cella, sta rinchiuso da tre anni, il vostro sindaco, il sindaco di Kayapinar, Zulkuf Karatekin.

Proprio perché avete sofferto molto e venite da una grande stagione di resistenza, voi avete diritto alla pace e alla libertà.

Dopo l’inverno arriva la primavera, con i fiori e i colori di una nuova stagione.

Per questo, la pace che verrà dovrà essere grande!

La vostra lotta ha molto da insegnarci.

Non vi lasceremo soli, non ci lascerete soli!”

Al termine della manifestazione, ecco una buona notizia: venerdì 23 novembre sarà liberato il sindaco della municipalità di Kayapinar!
Che sia servito a qualcosa il nostro intervento?!


21 novembre 2012 – incontro con il DTK , Congresso del popolo democratico

Introduce l’incontro Feridum Celik, già sindaco di Diyarbakir dal 1999 al 2004.

Ci spiega che il DTK è stato fondato ufficialmente nel 2007, ma è diventato effettivamente operativo nel 2011.
In poche parole, il DTK vuole essere il “tetto” di tutti i partiti e movimenti, una sorta di “parlamentino” della regione kurda.

L’obiettivo è quello della soluzione democratica della questione kurda, unire sotto un unico tetto i vari popoli della regione (kurdi, arabi, armeni, turcomanni, circassi, aleviti, ecc.), creare l’autonomia regionale nell’area.

L’assemblea del DTK è composta da 101 membri permanenti.
850 sono i delegati votati nei quartieri, nei villaggi e nelle città della regione.
La composizione di questi 850 elettori è la seguente: 40% sono i rappresentanti dei partiti della regione kurda; 40% sono rappresentanti del popolo; 20% sono i componenti delle ong.

I partiti e le ong organizzano una specie di congresso per inviare i propri rappresentanti in questo “parlamento”, che rispetta la composizione etnica e politica dell’area.

I membri permanenti dell’assemblea vengono nominati il primo anno, poi votati. Sono suddivisi in 8 commissioni di lavoro sulle varie tematiche. 11 membri sono incaricati del coordinamento esecutivo e del- applicazione delle decisioni dell’assemblea del DTK.
Tutti i deputati e i sindaci della regione sono presenti in questo “parlamento”.

Quello che si vuol costruire è una democrazia radicale e partecipata.
Il governo non riconosce tutto questo. Ad oggi, sui 101 componenti l’assemblea DTK, 25 sono stati arrestati.

L’identità di questo “parlamento” non è l’identità kurda, ma è il “parlamento” di tutta la regione. Comprende tutti.

Il progetto di autonomia democratica riguarda tutta la Turchia e tutto il Medio Oriente.