lunedì 29 novembre 2010

Alessandria, comunità di garanzia per il Kurdistan



di Ercan Ayboga


La vicenda della grande diga di Ilisu con il conseguente stravolgimento dell’ecosistema, ha visto – ancora una volta una folta rappresentanza di abitanti della provincia di Alessandria in prima linea. Città antichissime come Hasankeyf, popolazioni con culture degne del massimo rispetto, come kurdi, turchi, arabi, armeni, rischiano di doversene andare dalle loro residenze millenarie.

Un nostro amico, Ercan, curdo-turco trapiantato in Germania ci aiuta a capire meglio cosa sta succedendo. Si tratta di un documento esclusivo per l’Italia, pubblicato fino ad ora solo su riviste specializzate turco-curde e tedesche. 



E’ noto che ad Alessandria opera da anni una importante organizzazione quale “Verso il Kurdistan”, caratterizzata dal sostegno alle libertà dei popoli e all’autodeterminazione. Di questa particolarità che ci caratterizza a livello mondiale si sa poco. Il fatto che Ercan abbia abbia scelto noi per la sua comunicazione ci permetterà di far conoscere Alessandria in una nuova luce.



La Commissione del mondo sulle dighe (WCD) e’ da tempo che si concentra sulla domanda di come le somme di denaro impegnate per la costruzione di  grandi dighe possano essere compensate adeguatamente ed essere reimpiegate correttamente. Si tratta di un dibattito importante che partendo dalle dighe ha portato ad un ripensamento delle modalita’ di sviluppo. Si e’ arrivati così a interessare i profili dei diversi destinatari e ci si e’ posti sempre piu’ la domanda di quanto e come si comportino i governi , gli  ' external stakeholders' come pure le varie istituzioni internazionali.

Gli investitori finanziari e le organizzazioni non governative (NGOs) possono essere incoraggiati a realizzare le raccomandazioni e gli standard internazionali del WCD per quanto riguarda la protezione dell'ambiente. 

Questo articolo – infatti – intende analizzare  le azioni di tre agenzie europee di credito all'esportazione (ECAS) con l’obiettivo di migliorare i risultati del progetto della diga di Ilisu (Turchia orientale) e di tutto l’insieme della potenza idroelettrica installata  nel sud-est curdo popolato in stragrande maggioranza da persone contrarie – e con ragione – alla installazione in oggetto. 

Obiettivo del presente lavoro è , inoltre , di verificare il ruolo dei NGOs (Organizzazione Non Governative) all'interno del processo di ottenimento di risultati positivi  pur in presenza di spinte economiche e sociali divergenti. Anche se gli sforzi dell'ECAS per rispettare i targets di progetto della FMI (Banca mondiale) si sono dimostrati infruttuosi e hanno portato addirittura al ritiro definitivo  degli stanziamenti a luglio 2009, si è trattato comunque di un banco di prova importante. Per esempio è stato questo il primo caso nella storia economica dove l'ECAS ha tentato di proporre soluzioni tese a trovare l’accordo di tutti, non riuscendoci , ma creando le premesse per una vera governance prossima ventura.


lunedì 15 novembre 2010






LIBERI TUTTI 


REPORT DELLA DELEGAZIONE ITALIANA AI PROCESSI A DIYARBAKIR 0TTOBRE 2011




18 ottobre 2010 – PRIMO GIORNO DEL PROCESSO

Alle 8 del mattino andiamo verso il tribunale e subito, all’imbocco di quella strada, un blindato e un pulman carico di poliziotti fanno bella mostra di sé. Il palazzo di giustizia appare completamente transennato, con i poliziotti schierati a 2-3 metri l’uno dall’altro. Di fronte, due camion cisterna e altri 4 pulman carichi di poliziotti. Sulla sinistra, due plotoni di militari in tenuta antisommossa e altri mezzi blindati. Sugli altri lati, continua il cordone di sicurezza e tutti gli ingressi e gli spazi interni del tribunale sono presidiati da centinaia di altri poliziotti. Un migliaio di persone attendono pazientemente di vedere quello che succederà fin dalle prime battute e molti provano ad entrare nell’area del tribunale ma vengono respinti. Un dirigente del BDP chiama i primi osservatori che potranno entrare (a noi toccherà domani) mentre un elicottero militare sorvola l’area. E’ Medeni Kirici che fu anch’esso arrestato 4 anni fa a Bingöl e condannato ad un anno di carcere (che ha scontato) perché durante un comizio aveva menzionato Ocalan chiamandolo Mister, termine ritenuto troppo onorevole dagli inquirenti.
Arrivano i pulman dei prigionieri. Dalle piccole fessure in alto, che non si possono chiamare finestrini date le misure, si vedono le mani alzate nel segno della V, il segno della resistenza. Altri blindati scortano i pulman e mentre questi vengono introdotti nella parte retrostante, i primi restano fuori minacciosi. Arrivano Selim Sadak, già compagno di carcere di Leyla Zana, premio Sakarov per la pace. Poi arriva Demirtaş, il presidente nazionale del BDP, e con lui la co-presidente Gülten Kisanak e altri dirigenti. Poi é la volta di Osman Baydemir, il sindaco di Diyarbakir, che arriva assieme a Leyla Zana. C’é anche Akin Birdal e Hamit Geylani, ora entrambi parlamentari. E’ presente anche la ex “parlamentare europea” kurda eletta in Germania, Feleknas Uca.

Dentro, il largo corridoio conterrà centinaia di persone tenute però ben distanti dalla sala dell’udienza. La polizia controlla che non vengano superati i limiti consentiti. Un poliziotto urla, senza megafono, le sue richieste d’ordine ma chi parla col vicino (e tutti lo fanno) urla a sua volta più forte per farsi sentire. C’ è una gran baraonda. Ma quella sala di un’ottantina di posti non può contenere tutti e i più restano fuori.

All’esterno, intanto, si è radunata una folla di molte migliaia di persone che riempie la piazza davanti alla Municipalità posta a fianco del Tribunale, e invade anche la strada a due larghe corsie separate da vaste aiuole di prato e fiori. Ma slogans e canzoni sembrano dare molto fastidio, dato che la polizia, a questo punto, accenna ad intervenire. Infatti i poliziotti indossano i caschi e in pieno assetto d’attacco si schierano di fronte alla folla con un mezzo blindato dietro la prima fila. Decidiamo in fretta e ci precipitiamo per attuare una azione di interposizione pacifica. Rivolgiamo il nostro striscione colorato, con la scritta “Liberi tutti”, verso i poliziotti che avanzavano e si posizionano davanti ai primi manifestanti. Segue una lunga discussione con i loro dirigenti che insistono nel volerci allontanare mentre noi rispondiamo di non potere perchè siamo lì per la pace, per contribuire ad evitare incidenti. Sono minuti inteminabili ma alla fine la polizia desiste ed il blindato arretra. Quindi parte un
lungo applauso e poi con i Kurdi si canta ‘Bella Ciao’. Per ora si è vinto. Ma dopo un pò viene fatta richiesta di lasciare libero il traffico per consentire il passaggio delle ambulanze. In realtà la polizia aveva fatto avanzare le auto che all’imbocco della strada venivano prima dirottate in altre direzioni. In testa è apparso un pulmino il cui conducente asserisce di dover andare verso un ospedale, anche se sul mezzo non sembra vi siano persone sofferenti. La scusa è vecchia ma è sempre buona. E poi abbiamo già incassato un ottimo risultato. I nostri amici kurdi decidono di lasciare libero il traffico in una corsia della strada e la folla si assiepa sui larghi marciapiedi, sulla piazza del municipio e sulla rimanente corsia. Così anche il comandante della polizia incasserà un risultato utile, pensiamo, e non perderà completamente la faccia con i suoi superiori. Si va avanti così e fra la gente spuntano anche le bandiere con i simboli del PKK e il volto di Öcalan portato da applauditissimi ragazzi con il volto prudentemente coperto. Sembra tutto procedere nel migliore dei modi e la mobilitazione popolare appare vincente quando un’auto scura e di grossa cilindrata passa a velocità elevata sfiorando le persone che devono attraversare o che stanno ai bordi della corsia libera.
E’ però costretta a fermarsi al semaforo successivo, bloccato da altre auto in attesa del verde. Qui viene raggiunta da almeno cento, forse duecento persone, che in breve le provacano seri danni prima che riesca ad allontanarsi. La provocazione scalda gli animi dei più giovani che tentano di occupare l’intera carreggiata, prima lasciata libera, sotto gli occhi minacciosi della polizia. I più grandi intervengono e i giovani vengono dissuasi. I più aggressivi fra i poliziotti fremono ma anche questa volta restano senza vittime.